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#cultura catalana
arf5506 · 4 months
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Vale, dada de cultura catalana del dia: la dansa de l'hereu riera.
Okay, Catalan culture fact of the day: the dance of heir riera
Bàsicament, segons la tradició, es posa una creu de fusta en equil·libri sobre un got de vi, i si aconsegueixes ballar tota la cançó sense vessar el vi beus gratis.
Basically, traditionally, a wood cross is balanced over a glass of wine, and if you dance the whole dance without spilling the wine you get free drink.
La cançó, si no ho recordo malament, parla de le la llegenda de l'hereu riera. Estava de festa major a no sé on quan se li va posar malalta la promesa i va resar a Déu per que la guarís, en Déu fer-ho va agafar la creu de l'altar i va ballar-hi a sobre.
If I'm remembering correctly, the song talks about the legend of heir Riera. He was on the local festival (here we call it major party) of I don't know where when his fiancée got ill and he then prayed to God to cure her and when God did he grabbed the cross from the altar and he danced over it.
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cucullas · 1 year
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Festa de l’Ós i l’Ossa del Alt Vallespir i Andorra | European Traditions 
“On Cadlemas the Bear leaves the den, and if he finds the weather fine he goes back to sleep one more time”
Once the most powerful mammal of continental Europe, the Bear was feared and adores since the Neolithic. In the mountains of the Catalonian Pyrenees and Andorra many bears once roamed. Feared and revered many traditions displayed the awaken of the bear at the start of February around Candlemas. Now five village keep this traditions during a cold winter day someone plays the Bear who kills, kidnaps womena and must be captured: natures awakes, society mocked and Spring is closer than ever. 
These celebration has various origins, it can be related to the legend of Joan de l’Os, a hero born of a human woman and a bear, especially in the Vallespir where the Bear comes from the forest, the river or the mountain to chase the women in the village and is killed by hunter. In Andorra the she-Bear hunting is a excuse to do a commentary on the society having song and gags about modern social and political events in the traditional spirit of Carnival. 
The celebrations are a very important part of the identities for the villages and help preserve song, poems and just have a great time waiting for the end of winter (and in the case of the Vallespir, to keep speaking Catalan). Often considered violent or too rural in the past, in recent years their importante have been resotred. UNESCO added the celebrations to the Immaterial World Heritage last year. 
The main character is the Bear, once a man in a real bear pelt costume. With time, the pelts rotted or where lost. Saint Laurent bought a new one in Canada, the rest of the villages made makeshift costumes of sheep skin. Prats decided to change the costume form but the bears is still painted black so he can “paint” village people with in “paws” in a show of respect and friendliness though being amateur rugby players and hunters the participants sometimes the tackles are real.
You can find out more about them you can find: the Unesco description of the Andorra (cat) and Vallespir (fr). Have a video about the Feast in Prats in the past: 1/2 (cat) and the modern Ball de l’Os of Encamp (cat). These Youtube channels makes videos of different bear related celebrations.And a paper about the historiography of the Bear festivals in Vallespir (fr).
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negreabsolut · 4 months
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Noms dels follets casolans i dels menairons d'arreu de Catalunya.
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Libertarios en la Barcelona de los 70: un fugaz y brillante instante de la cultura catalana
Libertarios en la Barcelona de los 70: un fugaz y brillante instante de la cultura catalana
Los recuerda la exposición ‘Underground y contracultura de los años 70’, que puede verse en CentroCentro, la sala de exposiciones del Ayuntamiento de Madrid comisariada por Pepe Ribas Por Ramón González Férriz Publicado en El Confidencial Imagen de la exposición ‘Underground y contracultura de los años 70’ basada en una portada de ‘Ajoblanco’. (CentroCentro) A finales de julio de 1977, el…
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canalsart · 2 years
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diceriadelluntore · 3 months
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Pagine Golose
In polipo: pipere, liquamine, lasere inferes - Apicio, De Re Coquinaria, 9.5.1
Traduzione: Per il polpo: pepe, liquamen, laser e servi
De Re Coquinaria di Apicio è il primo grande libro sul cibo della nostra cultura occidentale: è solo in parte riassumibile in un ricettario perchè assomiglia più ad un indiretto atlante del gusto dell'Impero Romano (il libro, su cui ci sono le consuete dispute filologiche, risale al I secolo D.C., al culmine della potenza Imperiale romana). Nella ricetta del polpo, Apicio consiglia quindi di condirlo con il pepe (spezia le cui quantità di commerci nel corso della Storia fanno venire le vertigini), il liquamen, che è una variante del famoso garum, e il laser: non era una diavoleria di una primitiva cucina molecolare, ma un ingrediente ottenuto dalla resina estratta dalla radice del silfio, una pianta che cresceva esclusivamente sulle coste prossime alla città di Cirene in Libia. In età romana, tanto era richiesto il laser che la continua e non regolata raccolta del silfio ne provocò l’estinzione. Plinio ci dice che l’ultima pianta venne regalata all’imperatore Nerone e si dovette ripiegare su una sostanza analoga, anche se non identica all’originale, ricavabile da una pianta simile al silfio: l’asafoetida o assa fetida. Il nome, diremmo, non promette nulla di buono e infatti la presenza di zolfo rende il prodotto particolarmente maleodorante, almeno prima della cottura. Il laser originario, come il succedaneo da assa fetida, avevano notevoli proprietà medicinali riconosciute da sempre.
Piccola curiosità leggendaria: i semi hanno una forma particolare, che assomiglia al geroglifico egizio utilizzato per indicare il concetto del cuore (ỉb):
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da cui alcuni speculano si sia arrivato all'immagine del cuoricino.
Questa storia l'ho ritrovata in un foglietto in un altro libro stupendo che parla di cibo, Buono da Mangiare di Marvin Harris, dove il famoso antropologo si chiede e cerca di spiegare, per esempio, perchè in certe zone si mangia la carne di maiale e in altre no. E c'è una lista di libri legati al cibo (alcuni non li posseggo nemmeno, probabilmente era anche una lista di desideri) che lascio qui, divisi nelle sue sezioni con annessa piccola spiegazione:
Claude Levi-Strauss, Il Crudo e il Cotto; Marvin Harris Buono Da Mangiare e Cannibali e Re; Massimo Montanari, Il Cibo come Cultura
Il cibo dei giallisti: Manuel Vázquez Montalbán, Ricette Immorali. Camilleri scelse Montalbano come cognome del suo indimenticabile commissario proprio in onore del suo amico scrittore catalano, ed entrambi condividono la passione, critica e viscerale, per il cibo, tra le ricette della tradizione siciliana o quella catalana di Pepe Carvalho. Ma la passione del cibo è presenta in tutta la giallistica europea, dalle colazioni che la signora Hudson fa a Sherlock Holmes e al Dottor Watson, oppure ai pranzetti dei bistrot del Commissario Maigret annaffiati di Calvados. Al contrario, raramente i personaggi degli hard boiled americani hanno un buon rapporto con il cibo, se non con l'alcool con cui si accompagnano, spesso, sin dalle prime ore del mattino.
Antony Bourdain, Kitchen Confidential
José Manuel Fajardo, Il Sapore Perfetto
Redcliffe N. Salaman, Storia Sociale Della Patata
Nel 1903 Salaman fu nominato direttore dell'Istituto patologico del London Hospital, ma nel 1904 si ammalò di tubercolosi e dovette smettere di esercitare la professione medica e trascorrere sei mesi in un sanatorio svizzero. Gli ci vollero più di due anni per riprendersi completamente dalla malattia. Acquistò una casa a Barley, nell'Hertfordshire e, poiché non poteva tornare a praticare la medicina, iniziò a sperimentare una nuova scienza emergente, la genetica sotto la guida del suo amico William Bateson. Dopo diversi esperimenti falliti con una serie di animali e dopo aver chiesto consiglio al suo giardiniere, Salaman iniziò a sperimentare con le patate. Iniziando per caso, notò dapprima le caratteristiche recessive e dominanti delle varietà che incrociava (come aveva notato Mendel con i piselli), poi attraverso vari incroci fu il primo a creare ibridi di patate, che notò essere resistenti a numerose malattie, tra cui la peronospora della patata, che fu la causa principale della grande carestia che colpì l'Irlanda tra il 1845 e il 1849, decimandone la popolazione. Lo studio di Salaman, che spazia dall’antropologia all’archeologia alla storia agraria, incrocia molteplici campi dell’esperienza storica: ricostruisce i caratteri originari dei sistemi agrari dei vari paesi, riporta in luce la profonda commistione degli interessi agrari con quelli politici, restituisce scorci della vita materiale dei ceti più poveri; riconduce infine l’analisi dei comportamenti alimentari alle forme dell’immaginario collettivo."Un monumento insuperato di erudizione e di simpatia umana” (Eric Hobsbawm).
Se vi va, si potrebbe allungare la lista con tutti i contributi sul rapporto cibo\libri che vi vengono in mente, così da creare una piccola biblioteca al riguardo! Aspetto le segnalazioni!
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portugshit · 3 months
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EL CATALÁN ES UN DIALECTO DEL VALENCIANO.
La construcción nacional catalana se levanta sobre mentiras y uno de los pilares sobre el que se edifica esta gran farsa es la lengua. El catalán es un invento reciente del siglo XX a través del cual los pancatalanistas han adornado sus reivindicaciones, victimismo e historia inventada.
A imagen y semejanza del nacionalismo alemán, el catalanismo tiene vocación colonial. Descartada la base racial, el único instrumento que le permite expandirse en su imaginado lebensraum es el idioma. El único problema es que nunca existió esa lengua por lo que para legitimar las aspiraciones pancatalanistas fue necesario construirla con los retazos de un idioma de frontera nacido en el Imperio Carolingio, el lemosín. En la misma fundación de España, en la Marca Hispánica, la lengua lemosina descendió con la reconquista por todo el levante español y se fundió con el habla de cada lugar alumbrando diferentes dialectos.
Una lengua no codificada y fragmentada en variantes que arraigaron en territorios dispares e incluso aislados como en el archipiélago balear hasta la autodesignada reinaixença. Incluso entonces, el fundador del Institut d’Estudis Catalans presidía la Diputación provincial de Barcelona desde la que se creó esta institución (18 de junio de 1907) que se convertiría con el tiempo, y por Real Decreto, en la autoridad única sobre el catalán en “todos los lugares de lengua y cultura catalanas”. Antes de que se iniciara este proceso en 1833, Buenaventura Carlos Aribau, uno de los impulsores de la Reinaxença, escribía en su Oda a la Pàtria que “en llemosí sonà lo meu primer vagit”.
Del proceso de normativización de la lengua se expulsó a todos aquellos que no compartían la visión catalanista y el mallorquín Antonio María Alcover tuvo que publicar por su cuenta el Diccionari català-valencià-balear. No tenían cabida en el catalanocentrismo que terminaría imponiéndose con la Gramática (1918) y el Diccionario (1932) inventados por el ingeniero industrial Pompeo Fabra. La gran obra de un planificador barcelonés con la que se ha cometido un verdadero genocidio cultural que los valencianos han conseguido limitar gracias a la creación de una autoridad lingüística alternativa a la implantanda desde Barcelona.
En Mallorca, el artículo salado ya solo se conserva en el habla popular de la gente. Desde las organizaciones pancatalanistas regadas con dinero público (balear y catalán) se ha perseguido su uso. La Universidad de las Islas Baleares ha actuado como cómplice necesario para barnizar de cientifismo este acoso cultural dictando que, salvo en situaciones “marcadamente informales”, se utilizará el artículo “literario” o “estándar”. Eso mismo nos obligaban a aprender en las escuelas, e incluso para conseguir el título de catalán exigido para optar a la mayoría de puestos de funcionario el artículo salado se tacha como “incorrecto” en los exámenes. La propia página web de lo que antes se conocía como “Junta Avaluadora del Català” deriva a recursos lingüísticos que dependen directamente del gobierno catalán. Una invasión de terciopelo que ha uniformizado todos los dialectos del lemosín para asimilarlo a la variante catalana tildando a todas las demás de “vulgares”.
Los pancatalanistas han “normalizado” también los topónimos procurando borrar todo rastro del artículo salado que cuestiona la unidad de la lengua impuesta desde el siglo XIX por el Instituto de Estudios Catalanes. El rodillo pancatalanista no ha respetado ni las calles del casco antiguo de Palma de Mallorca aunque todavía pueden encontrarse rastros de la lengua de nuestros abuelos.
El catalán es un dialecto, Ausias March era valenciano y, Raimundo Lulio, mallorquín. Los catalanes pueden seguir hablando en su dialecto que los mallorquines seguiremos hablando el nuestro, como ya escribió Mossén Alcover “que no s’escandalisin els nostres mallorquins catalanistes de que diga aquí llengo i no llengua” porque en Mallorca hemos sido aragoneses, independientes o españoles pero nunca, nunca, catalanes. Hemos soportado muchos años de neocolonialismo pancatalanista y ya es hora de que volvamos a escribir en mallorquín en lugar de usar el dialecto de Barcelona.
@dragonesdelaemperatriz
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iberiancadre · 14 days
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siguiendo con el tema de ETA, ¿qué opinas de la ilegalización de batasuna?
Vale tengo una respuesta muy breve para esto pero antes hay que explicar varias cosas, o si no se malinterpreta muy fácil.
Batasuna, aunque tuviese unos elementos relevantes comunistas, no debemos olvidar que era un partido independentista que buscaba la formación de un estado vasco, intenciones que los comunistas debemos rechazar. Digo esto no por ningún afán de mantener la nación española unida o cualquier otro lema patriótico, ni mucho menos. Si no porque la solución marxista-leninista para la cuestión nacional es que la revolución es nacional en su forma e internacional en su contenido. Esto significa que sólo debe haber un Partido Comunista por país, como ya decretó la tercera internacional en 1921 (con sus errores, no hay que olvidar), pero que no se debe caer en patriotismo con respecto a la clase obrera exterior, ni actuar como que sólo hay una nación dentro del país en el que se actúa, si se da el caso.
La lucha por la independencia en un contexto no colonial, que es el de España, es contraproducente para los comunistas en tanto que divide a la clase obrera de manera innecesaria. Igual que el patriarcado divide a trabajadoras y trabajadores, y nosotros tenemos que reivindicar la unidad en igualdad de ambos sustratos, la división de la clase obrera en este país entre vascos y no vascos, entre catalanes y no catalanes, etc, no hace más que beneficiar a los sectores de la burguesía independentista, en este caso vasca. Cuando los nacionalismo periféricos estaban naciendo en el siglo XIX, no fue nada menos que la burguesía catalana la que financiaba los concursos y programas dedicados a "recuperar" la lengua y cultura catalana, lo mismo con la gallega.
El nacionalismo vasco surgió también de la diferencia de intereses entre la burguesía vasca que se beneficiaba de medidas protecciónistas y de los privilegios fiscales de los fueros. De hecho, el origen de la corriente anticapitalista en el aún existente partido Carlista, con mayor arraigo en el País Vasco, es de la oposición al capitalismo regresivo, en vez de progresivo. Los "anticapitalistas" carlistas querían regresar al sistema económico feudalista (aunque ahora no se de el caso) y, llegando al otro punto que quería explicar, identificaban a España con el capitalismo.
El error que muchos comunistas regionalistas cometen es identificar a España con el capitalismo que los oprime, y por ende, identifican una lucha sumamente burguesa con una anticapitalista. Entonces no solo es el independentismo en España una reivindicación más propia del capitalista nacionalista que del obrero cuya lengua es distinta a la que se habla en Madrid, sino que es contraproducente para los intereses de la clase obrera, la toma del poder lo antes posible, y para poner la guinda en el pastel, usar lenguaje marxista para justificar el independentismo confunde manzanas por peras, el capitalismo con un sólo estado burgués. O acaso lo que dijo Marx fue "obreros de todo el mundo, dividíos en estados-nación cada vez más fragmentados!"?
Todo esto para responder lo que opino de la ilegalización de Batasuna, disculpa que no pueda ser más conciso. Realmente, me da igual los partidos que estén legalizados o dejen de estarlo dentro del parlamentarismo. Pero lo mismo te respondo si me preguntas por la ilegalización de Vox que piden algunos sectores del hemiciclo, o la ilegalización del PSOE/Sumar/IU/PCE que piden otros sectores del hemiciclo. Más allá de la afinidad que pueda o no tener con las acciones de estos partidos, su pugna por ser el que gestiona el capitalismo en España (o en otros estados) es completamente ajena a nuestra clase. Ser marxista conlleva dejar de lado los debates que no nos conciernen, y también superar algunas concepciones como los estados-nación, que igual que nacieron hace ya casi dos siglos, tendrán que morir en la transición al socialismo-comunismo (aunque tengamos que actuar dentro de los marcos que nos imponen, que sea temporal no lo hace menos real)
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jartitameteneis · 6 months
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No cariño, tú no eres español. Ser español no es llevar la bandera, ni gritar como un berraco frases de odio que espero que no sientas. Tampoco lo es ponerse una pulserita en la muñeca, ni cantar el cara al sol. El concepto de ser español es algo totalmente distinto, o al menos lo debería ser, porque a estas alturas de la historia yo ya no sé qué decirte. Como española que soy, te voy a contar lo que para mí es ser español: Ser español es arder cuando arde Doñana o temblar cuando tembló Lorca; es sentarte a escuchar historias de meigas en Galicia y llegar a creértelas; es ir a Valencia y no sentir rabia por leer un cartel en valenciano, sino que te agrade poder llegar a entenderlo y es presumir de que las Canarias nada tienen que envidiarle al Caribe. Sentirse español es sufrir por no haber podido vivir la movida madrileña, enamorarte del mar al oír Mediterráneo de Serrat, es pedirle borracha a tu amiga catalana que te enseñe a bailar sardanas, querer ir a Albacete para comprobar si su feria es mejor que la de Málaga y sorprenderte al ver lo bonita que es Ceuta. Para mí ser español es presumir de que en Andalucía tenemos playa, nieve y desierto; sentir casi mérito mío que un alicantino esté tan cerca de un Nobel, pedirle a un asturiano que me enseñe a escanciar la sidra y morirme de amor viendo las playas del País Vasco en Juego de Tronos. También es española la cervecita de las 13.00, el orujo gallego, la siesta, el calimotxo, la paella, la tarta de Santiago, las croquetas de tu abuela y la tortilla de patatas. Lo son las ganas de mostrarle lo mejor de tu ciudad al que viene de fuera y que tú le preguntes por la suya; es hacerte amiga de un vasco y pedirle que te enseñe los números en euskera, por si pronto vuelves a por 2 ó 3 pintxos; es enorgullecerte de ser el país ejemplo a nivel mundial en trasplantes, de formar parte de la tierra de las mil culturas y de ser los del buen humor. No hay nada más español que se te pongan los vellos de punta con una saeta o con una copla bien cantá, atardecer en las playas de Cádiz, descubrir casi sin querer calas paradisíacas en Mallorca, hacer el camino de Santiago en septiembre maldiciendo el frío o que Salamanca y Segovia te enseñen que no hay que ser grande para ser preciosa. Así que, acho, picha, miarma, perla, tronco, tete, mi niño... eso es ser español, lo otro es política. Pero si de política quieres impregnar este concepto, también te vuelvo a decir que te equivocas: porque ser español no es desear que le partan la cara a nadie, es sufrir la situación de paro de tu vecino o el desahucio que has visto en la tele; ser español no es oprimir el SÍ o el NO de toda una comunidad autónoma, es indignarte cuando nos llaman gilipollas con cada nuevo caso de corrupción; ser un buen español es querer que en tu país no haya pobreza, ni incultura, ni enfermos atendidos en pasillos del hospital y, joder, querer quedarte aquí para trabajar y aportar todo lo que, durante tanto tiempo, precisamente aquí has aprendido. Eso es ser español, o al menos, eso espero.
Texto de la malagueña Laura Moreno.
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Os acabo de encontrar y me habéis dado una alegría tremenda! Veo muy poca cosita de cultura de la península por Tumblr y blogs como el vuestro me llenan de vida.
Saludos de una catalana!
Eskerrik asko, anon!! 🧡🥰
Es verdad que sobre Iberia en general hay más bien poco, pero los blogs que están son todos muy interesantes y necesarios.
¡Tú si que nos has alegrado con tu mensaje! ¡Un besazo para Catalunya, y solidaridad siempre! 🤝
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arf5506 · 9 months
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Ballant sardanes...
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useless-catalanfacts · 2 months
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Il video "Estrès lingüístic: què ens passa als catalanoparlants?" è molto interessante e mi ha fatto pensare!! forse c'è un'altra tappa, quella di non voler parlare se non si sa bene la propria lingua, ahaha! (io col siciliano...). Questo blog forse è un po' un esempio del principio di "smettere di parlare catalano appena qualcuno dice che non lo parla", mentre invece molte persone potrebbero usare un traduttore automatico per leggere dei post scritti in catalano al posto che in inglese... comunque in ogni caso non vi giudico minimamente, capisco quanto può essere difficile... buona sera e tanti abbracci!
Gràcies pel missatge! Tens tota la raó. En el cas del vídeo, crec que no han posat el cas de tenir dubtes o tenir por de parlar-lo malament perquè anava dirigit més aviat als parlants habituals, però tens tota la raó i aquí també ens passa que hi ha molta gent (sobretot gent que ha vingut a viure aquí ja de més grans) que l'entenen i el podrien parlar bé però no s'hi atreveixen per por de fer algun error. Fa uns anys teníem una campanya a la televisió justament per aquest cas:
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La cançó diu: "parla sense vergonya, parla amb llibertat. I si m'equivoco, torno a començar". Durant aquesta campanya, a moltes botigues o establiments comercials hi havia enganxines de la Queta (aquesta boca mecànica) per recordar a la gent que allà poden parlar sense por a equivocar-se, que no se'ls jutja.
També m'agrada un cartell irlandès que vaig veure una vegada: "el millor irlandès és l'irlandès que es parla". Sempre val més parlar-lo amb errors que no pas no parlar-lo.
També ens passa sobretot a l'escriure. Per exemple, la meva àvia ha parlat sempre en català però quan s'escriu per WhatsApp amb les seves amigues amb les que sempre ha parlat en català, s'escriuen en castellà. La gent gran ho fa molt, perquè quan van anar a l'escola estava prohibit el català i només els van ensenyar a escriure en castellà, i ara els fa vergonya escriure malament el català.
En el cas d'aquest blog, considero que és diferent perquè el vaig crear amb l'objectiu d'explicar la cultura catalana a la resta del món. Si l'hagués fet dirigit a gent d'aquí, l'hauria fet en català sens dubte. Si l'hagués fet dirigit a persones d'altres països on s'hi parlen llengües romàniques, potser també, perquè em sembla que moltes paraules es poden entendre suficientment, o com a mínim és interessant intentar-ho. Però al dirigir-me sobretot a gent que ve de qualsevol idioma, crec que a la gent li pot interessar si ho troben fàcil de llegir, però no crec que hi hagi gaires persones a qui els interessi prou com per anar a traduir els posts ells mateixos (per això em va fer especialment il·lusió quan tu em vas dir que sí ho fas :D). A més, el Tumblr encara no té el botó de "traduir post", com sí que tenen Twitter, Instagram o altres xarxes socials... Això segur que animaria molta gent a penjar en les seves llengües.
Me n'alegro que t'hagi semblat interessant el vídeo :) i ànims amb el sicilià!
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Cada 30 de enero se celebra el Día Escolar de la Paz y la No Violencia, con la finalidad de fomentar en las instituciones educativas valores y acciones orientadas a promover la no violencia y la paz.
Con ello se pretende fomentar la tolerancia, el entendimiento y el respeto mutuo entre personas de distinta procedencia y modos de pensamiento.
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Origen del Día Escolar de la No Violencia y de la Paz La creación del Día Escolar de la No Violencia y de la Paz en el año 1964 es gracias a la iniciativa del profesor, poeta y pacifista mallorquín Llorenç Vidal, quien decidió llevar a las aulas el pensamiento de Mahatma Gandhi, líder nacionalista y espiritual de la India.
La elección de la fecha de celebración de esta efeméride está relacionada con el aniversario de la muerte de este líder emblemático, que representa la principal figura de la resistencia pacífica en el mundo.
Para Gandhi, la paz no era solo una postura acomodaticia para evitar conflictos. Planteaba que la paz era el único camino que debían recorrer los seres humanos, para evitar la violencia y la injusticia en el mundo.
En tal sentido, la Organización de las Naciones Unidas para la Educación, la Ciencia y la Cultura (UNESCO) reconoció esta efeméride en el año 1993, destacando la necesidad de fomentar valores de solidaridad, respeto a los Derechos Humanos, la no violencia y la paz, utilizando a la Educación como instrumento.
Por otra parte, la ONU proclamó en el año 1998 el Decenio Internacional para una Cultura de la Paz (2001-2010).
Se destaca la creación de un himno para este día denominado Hermanos de Las Estrellas, con letra de Llorenç Vidal y música de Andreu Bennàssar. Existe una versión catalana-balear, una en euskera, una en interlingua (Brasil) y una en galaico-portugués.
¿Por qué es tan necesario un Día Escolar de la Paz y la No Violencia? Actualmente son muchos los conflictos de diversa índole que se están suscitando en el mundo. Los niños y jóvenes están siendo expuestos constantemente a información con textos, datos, infografías, entre otros, que reflejan una realidad y contenidos cada vez más violentos.
Aunado a ello, comportamientos como el bullying en las escuelas, el ciberacoso y el escarnio digital contribuyen a generar inseguridad emocional, baja autoestima y en casos extremos, suicidio en niños y adolescentes por no disponer de las herramientas psicoafectivas adecuadas para afrontar esas situaciones.
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Con la celebración de esta efeméride se pretende inculcar y afianzar valores en niños y jóvenes en edad escolar, con el objetivo de formar hombres y mujeres que prefieran hablar en lugar de golpear, conciliar en vez de gritar y unirse en oposición a competir fieramente unos contra otros. Esto es lo que se conoce como cultura de paz.
Valores que promueve el Día Escolar de la Paz y la No Violencia
Los principales valores que se promueven en la celebración de este día, y que puedes compartir en las redes sociales con el hashtag #DíaEscolardelaPazylaNoViolenciason los siguientes:
Respeto
Amor
Justicia
Libertad
Paz
Equidad o igualdad
Tolerancia
Lealtad
Responsabilidad
Honestidad
¿Cómo fomentar la paz y la no violencia en las escuelas?
Es de vital importancia la aplicación de actividades, estrategias y recursos didácticos para fomentar y reforzar la paz y la no violencia en las escuelas. Algunos de ellos son las siguientes:
Lecturas y debates sobre la paz y la no violencia.
Ejercicios reflexivos.
Dinámicas de grupo y juegos cooperativos.
Mesas de diálogo estudiantiles.
Proyección de películas y videos sobre la no violencia y la paz.
Elaboración de manualidades con mensajes de paz.
Conformación de Comisiones o Grupos de Convivencia Escolar.
Elaboración de Manuales de Convivencia Escolar, para el abordaje y resolución de conflictos en las escuelas.
Películas sobre la paz en el ámbito escolar
A continuación mostramos algunos títulos de documentales y películas sobre la no violencia y la paz. Para reflexionar y compartir con los más pequeños de la casa. así como con estudiantes de colegios e instituciones educativas:
La Guerra de los Botones (Francia. Director: Christophe Barratier. Año 2011): durante el transcurso de la Segunda Guerra Mundial dos bandas de chicos que pertenecen a aldeas vecinas libran una contienda amistosa en el campo francés.
Caballo de Batalla (Estados Unidos. Director: Steven Spielberg . Año 2011): un jóven y su caballo van a la guerra. Vivirán aventuras y lucharán por sobrevivir, mientras que los dos bandos se unirán para salvar al caballo.
Pequeñas Voces (Colombia. Director: Jairo Eduardo Carrillo . Año 2010): documental de animación en 3D que refleja la historia de cuatro niños que fueron desplazados por la violencia armada. Quieren jugar y vivir en paz, sin guerras.
Azur y Asmar (Francia. Director: Michel Ocelot . Año 2006): dos niños son criados como hermanos, siendo uno rico y el otro pobre. Irán tras un ideal: buscar al hada Dijns. Deberán superar obstáculos y prejuicios.
La Profecía de las Ranas (Francia. Director: Jacques-Rémy Girerd. Año 2003): película animada que muestra a dos niños, un anciano, una mujer y varios animales (herbívoros y carnívoros) que se refugian en una granja flotante, para salvarse de un diluvio. Deberán aprender a convivir en armonía y en paz.
Promises (Israel. Director: Justine Shapiro . Año 2001): documental que muestra el contacto entre niños Israelíes y Palestinos, con edades entre los 9 y 13 años de edad
La Tumba de las Luciérnagas (Japón. Director: Michio Mamiya. Año 1988): en esta película de animación dos hijos de un oficial de la marina japonesa no consiguen llegar a tiempo al bunker durante un bombardeo ocurrido durante la Segunda Guerra Mundial. Deberán sortear todo tipo de dificultades, en tiempos de guerra.
¿Cómo se celebra el Día Escolar de la No Violencia y de la Paz?
En la celebración del Día Escolar de la No Violencia y la Paz se llevan a cabo diversos eventos y actividades escolares en colegios, instituciones educativas y bibliotecas para fomentar la paz en las aulas:
Organizaciones sin fines de lucro como UNICEF realizan conferencias y conversatorios sobre la no violencia y la paz.
Se realizan debates sobre temas tales como la paz, la no violencia y la resolución de conflictos.
Dinámicas de grupo, charlas y otras actividades que promuevan la no violencia, así como las herramientas necesarias para la resolución de conflictos, a fin de lograr una mejor convivencia.
Realización de cine-foro, con películas y documentales animados sobre la paz y la no violencia.
En los países en los que el 30 de enero coincide con el periodo de vacaciones se celebra el 30 de marzo o alguno de los días próximos. En los países del Hemisferio Sur, se celebra el 30 de marzo.
Comparte información útil e interesante sobre el Día Escolar de la No Violencia y la Paz en las redes sociales. Utiliza el hashtag #DíaEscolarDeLaNoViolenciaYLaPaz
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schooloffeminism · 2 years
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#Herstory #UnDíaComoHoy Isabel Steva Hernández, conocida como #Colita (Barcelona, 24 de agosto de 1940), #fotógrafa española, Medalla de Oro al Mérito en las Bellas Artes, 2021. Tras el preuniversitario de letras se trasladó 1 año a París a estudiar Civilización Francesa en la Sorbona. Volvió a Barcelona y conoció a Oriol Maspons, Julio Ubiña y Xavier Miserachs, de quienes aprendió el oficio y se profesionalizó como fotógrafa. Trabajó 1 año con Miserachs como laboratorista y estilista (1961). En 1962 trabajó en el archivo de personajes de la película Los Tarantos e hizo amistad con su protagonista, #CarmenAmaya. Se aficionó al flamenco y se trasladó a Madrid 2 años. Realizó las fotografías de promoción de Antonio Gades y #LaChunga. De ahí nació su libro Luces y Sombras del Flamenco. Volvió a Barcelona en los últimos años del franquismo y colaboró con la prensa progresista del momento. Alternó prensa con fotografía de cine, colaborando con la Escuela de Barcelona, corriente cinematogáfica cuya ambición era realizar un cine europeo y progresista, en contraposición a la cinematografía del franquismo. Considerada la fotógrafa de la Gauche Divine barcelonesa, expuso los retratos que les hizo en 1971 en la Galería Aixelà, patrocinada por "Bocaccio" y el promotor Oriol Regàs. Fue clausurada al día siguiente por la policía. En 1967 colaboró con la discográfica Edigsa y el movimiento de la #NovaCançó catalana, realizando campañas de prensa y promoción, portadas de discos, posters para #GuillerminaMotta, #NúriaFeliu y #Serrat. Durante muchos años acompañó a Serrat y su colaboración se materializa en la exposición "El Serrat de Colita" (1998). Su afición a la novela policiaca y de misterio hizo que #BeatrizdeMoura, directora de Tusquets, le confiara la colección "Serie Negra", que compaginó con la dirección del departamento de fotografía de la revista #VindicaciónFeminista hasta 1978. Tras la desaparición del franquismo, se especializó en fotografiar Barcelona. En 1998 el Ayuntamiento de Barcelona le impuso la Medalla al Mérito Artístico. Rechazó el Premio Nacional de Fotografía (2014) por la situación de la cultura y la educación en España. https://www.instagram.com/p/ChonOfCDAhD/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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futfemspain · 2 years
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Lo lamento, pero no puedo creer lo que leo. De verdad, hay que educarse un poquito más en el tema antes de dar cualquier opinión. Una opinión no es una verdad, y una verdad personal tampoco es una absoluta.
El tema con las despedidas de los jugadores que menciona el anónimo en su ask han sido problemáticos. Ronaldinho y Maradona, fueron adictos y alcohólicos, además de juerguistas. Su salida del Barcelona no fue un asunto de caer bien o agradar, y menos, de no ser Catalanes. Eso es una total mentira.
Es bastante malo que los Españolistas hablen de Catalunya como lo hacen y ahora un pseudo fan habla de lo que no sabe.
Con Suárez, el tema fue el hecho de no querer operarse de la rodilla para no perder temporada y juegos con Uruguay. Buscá información al respecto, está en casi todas partes. No hay que ser sensacionalistas, ni amarillistas. ¡Por favor!
Con Messi, el tema económico es más que un problema. ¿Te enteraste que cobraba 71 millones por temporada él solo y sus retribuciones al Club fueron casi nulas durante las últimas 8 temporadas que estuvo allí? Renovó 13 contratos en 15 temporadas. Impensable. Pero es cierto. ¡Todo un pesetero al final! Nos guste o no, querramos o no, aceptarlo.
Mientras las chicas tenían una media de 150k por temporada. Es lo más injusto que me ha tocado aceptar de parte del club.
La disparidad es enorme todavía, pero siendo el jugador que más ganaba, todavía se dedicó a dividir el vestuario. Sí, un orgulloso y envidioso.
Como Argentina, me pesa en el corazón que se haya portado tan cagador con la institución que le dio todo. Porque si no hubiese sido por el Barcelona, él no hubiese tenido carrera en absoluto.
Sí, ya se sabe que no es Catalán y todo, pero sus hijos son nacidos en Barcelona. ¿Entonces? No es una cuestión de separatismo o independentismo, es de respeto por la cultura en la que creció básicamente y le brindó todo, hasta hospitalidad suficiente para llamerle ahora "su hogar".
En el tema de J, ésa chica es más blaugrana que muchos. Y la despedida tengo entendido, no se dio como la gente quiso, porque en primer lugar, no era lo que ella quería. El aspecto de su indecisión y muchos otros factores que se desconocen. No hay que engancharse por lo que un par de pendej@s o pseduo-periodistas habla en Twitter. Es tóxico y dice mucho más de vos que de ellos.
El Club puede no ser perfecto, especialmente las Directivas que lo han dirigido, pero tampoco es una institución que le falta el respeto a sus jugadores. Y como aficionad@ deberías saber esto exactamente.
Sí, soy Blaugrana de nacimiento, mis padres provienen de familias Catalanas. No vivo en Catalunya de momento y he vivido en otros lugares a los que amo porque son mi hogar también. Tengo ADN Catalán y Argentino, aunque ahora mismo no vivo en una de las dos naciones.
Pero como seguidora del Club y alguien que defiende sus valores, porque aunque parezcan un espejismo, existen . Sin embargo, no todos los políticos y jugadores están allí por servir al club y a sus trabajadores.
Pero de allí a ser lo que ese anónimo dice que son, no es aceptable. ¡EN ABSOLUTO!
Podés o no compartir esto, pero creo que es importante cuando la gente habla, sepa al menos de lo que habla.
Gracias;
La Gaucha-Catalana.
lo voy a subir porque me has escrito la biblia en verso y es algo que veo que te gusta hablar. pero yo aqui no quiero hablar de futbol masculino ya para que lo sepais todas. en fin. no quiero mas debates alrededor de hombres pls. Mi parte favorita es cuando dices soy blaugrana de nacimiento OLE OLE Y OLE
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