#writober2018

[kitkat92sblog]

Cliché

Un’altra fan fiction dal Writober del 2018, penso che pian piano le pubblicherò tutte. Enjoy!

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Riku aveva un bel sorriso, perché era raro vederlo sorridere.

Con Sora, Riku sorrideva di più, più spesso, più intensamente. Gli occhi acquamarina si accendevano di una dolcezza insolita, morbida, dolce.

Sora indugiava spesso nel pensiero che quei sorrisi fossero merito suo. Fantasticava spesso sulle sua labbra quando si tendevano verso l'alto. Strani pensieri si facevano largo nel marasma agitato della sua mente per mostrarsi a lui in tutto il loro confusionario splendore.

Stare con Riku gli piaceva.

Stare con Riku gli piaceva.

Riku era il suo migliore amico.

Riku era il suo migliore amico.

Le parole erano le stesse, sempre le stesse, martellanti e acute come un fischio, eppure rotolavano sulla lingua, quando se le ripeteva davanti allo specchio, in modo così diverso.

Poteva la stessa parola cambiare significato a seconda di come la pronunciava?

Forse a cambiare non erano le parole, ma lui.

« Sora? » il ragazzino alzò di scatto la testa al richiamo, come un cucciolo che risponde ben volentieri alla voce del padrone. Quanto tempo era rimasto immerso nei suoi pensieri mentre intorno a lui il mondo continuava a girare?

Pian piano mise a fuoco la strada, il sole nel cielo terso, il peso dello zaino sulle spalle, i suoni allegri dei ragazzi che erano appena usciti da scuola. E poi lui, Riku. Quando uscivano da scuola la prima cosa che faceva era allentare il cravattino, che teneva sempre rigidamente stretto intorno al collo per non avere un'aria sciatta. Sempre così perfetto, il suo Riku, sempre così attento.

« Sì? » riuscì a biascicare, con svariati secondo di ritardo, come se il cervello non fosse collegato alla lingua.

Riku sorrise, scuotendo la testa. Una vampata di calore salì, piacevole e densa, lungo la schiena di Sora, che non poté fare a meno di ricambiare.

« Non hai ascoltato una parola, vero? »

Se in una cosa Sora era bravo era arrossire, in maniera dimessa, imbarazzata eppure consapevole: una cosa che faceva impazzire Riku.

Si trattenne dal ridere solo perché erano in pubblico, portando una mano davanti alla bocca per contenere la risata. Alla luce del giorno i capelli argentei sembravano bianchi come perle esposte in vetrina.

Sora sentì il cuore perdere un battito.

« Non l'ho fatto apposta! » provò debolmente a difendersi, un pigolio rosso fuoco, uscito da labbra gonfie di vergogna.

« Ci mancherebbe! » ribatté Riku. Nell'ultimo anno era cresciuto quel tanto che bastava per superare Sora, così da dominarlo dall'altro, con spalle che andavano ad allargarsi, inseguendo l'età adulta, e l'espressione matura. « Hai sempre la testa tra le nuvole. Si può sapere a cosa stavi pensando? »

“A te.” sussurrò, indecente, la voce nella mente di Sora, che però volse altrove lo sguardo. Dritto davanti a sé, lungo la strada verso casa.

« Niente di che. » fu invece la sua risposta, portandosi dietro l'orecchio un ciuffo di capelli castani. Lo faceva sempre quand'era nervoso, quello che non sapeva era che Riku conosceva a memoria tutti quei piccoli movimento.

« Niente di che. » ripeté l'albino, un mezzo sorriso sulle labbra. « Non sembra “niente di che”. Ma magari sbaglio. »

Più vicino, si fece più vicino, solo per un attimo, di qualche centimetro, tanto da toccare la spalla di Sora.

Lui batté le palpebre più velocemente, si trattenne dal voltarsi verso di lui.

« Vieni a casa mia? » chiese, a tradimento, prima che la mente, o il buon senso, potessero impedirgli di dirlo. « Per fare i compiti insieme? » aggiunse, a mo' di giustificazione.

Riku lo osservò come si osservano le cose preziose, quelle che non si possono toccare ma solo guardare da lontano. L'avrebbe rotto se solo si fosse avvicinato troppo, perché Sora, così come il cristallo, era troppo fragile.

« Sì, perché no. » con una scrollata di spalle prima di infilare le mani in tasca. Lontane da ogni tentazione, dove dovevano stare.

Sora sentì il suo cuore emettere un sospiro felice, e andò dietro all'amico trotterellando allegro.

Lontano, lungo l'orizzonte, il mare si abbatteva sulla spiaggia, e le isole minori affioravano dall'acqua alte fino a tagliare il cielo. L'odore della salsedine portato dal vento faceva frusciare i vestiti, asciugava il sudore sulla schiena. Solo qualche altra settimana: l'estate era vicina.

Da qualche parte, tra le viuzze della città, una cicala cominciò a cantare, accompagnando il passo dei ragazzi verso casa.

Chi era potuto scappare in fretta dal sole aveva trovato rifugio a casa, dentro un bar, o all'ombra di un pensilina, le strade si erano svuotate, mentre l'asfalto tremolava per il calore.

Sora ondeggiava da un piede all'altro, come ubriaco, stanco ma felice. Felice per cosa, poi? Per il sole, per il lungo pomeriggio ozioso che li aspettava, per Riku. Solo per Riku.

« Riku... » chiamò all'improvviso, senza guardarlo, neanche quando l'amico si volse, perché altrimenti non sarebbe riuscito ad andare avanti. « ...stavo pensando... » quegli occhi, quegli occhi del colore del mare. Gli venne un brivido, si morse le labbra. Non riusciva ad andare avanti neanche senza guardarlo.

Si fermò, la testa bassa, fissa sulle scarpe, sul pantalone a righe azzurre della divisa scolastica che gli stava ridicolmente troppo grande, sulla camicia bianca spiegazzata e macchiata di penna, sul cravattino dal nodo storto. Sentì sapore di sangue in bocca: aveva morso troppo forte.

« Tutto bene? » provò, preoccupato, Riku, avvicinandosi a lui quel tanto che bastava per essere troppo vicino.

Sora trattenne il fiato, strinse i pugni, il cuore gli esplodeva in petto.

“Adesso, lo devi fare adesso. Adesso!”

« Riku! » troppo forte, emise un verso frustrato. « Riku. » tentò ancora. Perché la lingua si attorcigliava in bocca? « Tu mi piaci. »

La cicala smise di cantare, il vento di soffiare, persino il sole si fermò, diventando un po' più freddo. Il mondo poteva andare in frantumi da un momento all'altro, Sora poté sentire le crepe sotto i piedi.

Riku rimase in silenzio, il volto come una maschera priva di espressioni. Cosa pensava? Cosa provava? Perché non era mai in grado di capirlo?!

Poi si sporse, lentamente, o fu solo la sua distorta percezione delle cose a farlo sembrare così lento. Quando si poggiarono sulle sue, rapide ma sicure, Sora capì di non poter più fare a meno di quelle labbra.

Dopo quel bacio, un sorriso. A Sora tutto fu chiaro: i sorrisi di Riku erano davvero sempre stati merito suo.

[awritersnightmare]

Spooktober Day 9- It will kill you if you don’t say please

Hey guys, today has been hectic but I have this done! TW: assault, sexual assault implied.  Thanks for reading, reblog if you do !

Day 9- “It will kill you if you don’t say please”

           Daisy toyed with her zippo, standing on the corner of Fairmont and 4th. The brief bursts of flame keeping her fingers warm before extinguishing it and starting the process all over again. This had to be the corner. She’d never gotten a location wrong before. Darcy had sent the memo not even seven minutes ago. She had huffed it over here, expecting to find the rest of her team already there.            Annoyed, she opened her phone again and checked the message. “Fairmont and 4th, five minutes. Or the boss will fire you. –D. Carling.”            She rolled her eyes, always that same threat. As if the boss could really afford to lose their best team. Without them, their success rate would still be in the low fifties instead of up in the high eighties. The rest of the percentage was filled with the mediocrity of the new teams. Within a month of their training they had become the senior team. The truth of their new company only being revealed at the last second.             They weren’t just a shipping company, they offered all kinds of fun services. Wasn’t that exciting? Didn’t you just love that you’d sold your soul to the proverbial devil?            Fine. Whatever it took to get her family out of the debt they’d dug themselves into. Her parents lived in fear of being taken away from her brothers. It was up to her to free them. And every paycheck went to them. Almost twelve hundred dollars a job. That times two every month. Within the next year they would be free of the debtors. And Daisy? Well, she could never see them again.            She checked her watch, in two minutes the rest of her team was going to be very late. Again she read over the message, triple checking this was the right place. This time she also read the recipients line. Surprise passed over her mind as she realized she was the only one who had received the message.            What in the world did that mean?            Anxiety spiked inside her. If she was the only this meeting was for then who was she meeting?            Quickly, she shot off a text message to Nick and Bella. She needed someone to know her last whereabouts. In case… well in case she didn’t come back from whatever this was. Maybe this was Darcy’s way of getting rid of her. Why, she couldn’t begin to try and guess at. Then again, she made a point of not trying to understand anything about her bosses.            Her phone dinged, a message from Bella. And two seconds after one from Nick. Bella’s was frantic.            “Do you need me to come get you?”            “No… But if I don’t message you again in an hour just… come find me.”            As for Nick… Well…            “I’m on my way. Don’t move.”            And there was no point in trying to persuade him otherwise.            She could always count on him to take care of her. And everyone else on their team. They’d been paired together since the beginning of their journey with the G.O.D.S. organization. As a family, they took care of each other. No matter what happened they had each other’s backs. That included being back up for sketchy deals with their own company.            “Miss Lang, I presume,” A voice said behind her.            Daisy spun around to face a tall man in a black three piece suit. He had a deep purple bowtie and a pocket watch hanging out of his vest pocket. He smiled down at her, his teeth shining in the afternoon sun. One hand was tucked neatly in his pocket, a cane hanging from his elbow. The other hand held a notebook open.            “Who wants to know?”            The man’s smile widened. “An interested party.” He made a note in his book and tucked it into his jacket pocket. He slipped the cane off his elbow and rested on it, leaning forward so their faces were almost level.            Daisy began to calculate how far she could get if she needed to run. What were her exits and which one would carry her farthest away. She didn’t need to get home, she just needed to lose him. Her best bet really would be to scale the building beside them, but she’d never been good at climbing. That was Lena’s specialty. Okay so not the building. What was option two? Run into the street? Pray the cars didn’t hit her but were numerous enough to slow down the man with a cane. Maybe… The alleys around here were all dead ends. She needed an open space.            “You want to acquire some kind of object?” She asked, trying to keep him occupied while her mind made an escape plan.            “Hm… you could say that.”            She hated the tone in his voice. She hated the slimy residue it left on her skin.            “Well, the organization I represent can get you a fair price on any shipment. What did you have in mind?”            Keep with the sells pitch. Keep him talking. Make him put his guard down and then attack. Just like you were trained.            All she’d have to do was kick his cane out from under him and smash his face into her knee the moment he lost balance. That would make his head spin and give her at least ten seconds to dash away.            Darcy would be pissed at her for losing a client, but he wasn’t worth the money. She’d make it up to him somehow. Rob a bank or something. Besides, this guy didn’t seem good for the cash. He was dressed fancy but the ends of his coat were fraying and his shoes had scuffmarks.            No way did this guy have the kind of cash for whatever it was he wanted.            “This would be… a kind of special delivery,” he said, reaching out and grabbing her arm.            Panic shot through her and she grabbed his arm, twisting it around to pin it behind his back. The cane clattered to the ground and she shoved him up against the marble building. He let out a muffled cry of alarm, his face now smashed into the wall.            “Don’t you dare touch me. I am not for sell you piece of crap,” she said. “I’m the delivery girl, if you want a package you gotta go through the proper channels.”            “Darcy said-“            “I don’t care what he said. He isn’t here. I make the rules in this deal. You understand?”            He wriggled against her, twisting this way and that. Trying in vain to loosen her grip. “Let me go you bitch.”            She clucked her tongue at him. “Such language. That will get you nowhere in life. I should just kill you right now.”            “Help! Help this thing is assaulting me,” He cried.            For a brief moment she thought maybe someone might try and stop her. She looked around, but there was no one on the streets at this hour. No one respectable at least. If they saw a guy shoved up against a wall, it meant he’d deserved it.            The glories of the city.            “This thing won’t kill you, if you just say please,” she said, sweet and unassuming.            All the fight went out of him. Realizing that no one was going to come to his aid. He slumped against the wall with a soft whimper of pain. “I-I’m sorry. P-please let me go.”            Daisy smiled and released his arm, pushing him into the wall as she stepped back. Without hesitation he recomposed himself and straightened his jacket. He dust off his vest, looking over his outfit with great care. Finally he smoothed down his hair and spat at her feet.            “Such poor service. Darcy will be hearing my complaints,” he said and picked his cane up off the pavement.            “Good,” Daisy said. “I’m sure he’d love to hear how you tried to lay hands on one of his star employees. Please, go on and tell him. It will be your word against mine.”            “You’re a beast.”            Daisy giggled and twirled her hair, “oh please. There’s no need for flattery.”            He let out a huff and stalked away, looking back only once to make sure she wasn’t following. The farther away he got, the faster he walked until he was all but sprinting down the street.            When he turned the corner out of sight, Daisy opened her phone. As she was typing a very strongly worded message to Darcy, Nick came careening around the corner. He reached her, placing his hands on his knees trying to catch his breath. When he could stand up again he leaned against the wall and said,            “I’m here.”            “Yeah, two minutes too late,” she said, though not with anger.            Nick winced and ran his fingers through his hair, “sorry I was… up at 24th and Pine. I had to run all the way here.” He keeled over again and put his head between his knees.            “Oh sweetie please calm down. You’re going to make yourself sick. I’m fine, just some scumbag not understanding what it is we do.”            She finished her message to Darcy and dropped down beside him. He wrapped an arm around her and she leaned against him. It had been awhile since she’d had a close call like that. It used to happen a lot, now she barely worried about it. Nick hugged her tight and placed a gentle kiss to the top of her head.            Over their weeks in training he’d become the big brother she’d never had.            They sat there for a few minutes, recovering from the adrenaline. Two minutes in she got a reply from Darcy.            “Yes we’ve had problems with him before. Promised he would behave this time. We agreed since he can pay well but… you know how it is. I knew you could handle it. Well done, Lang.”            Daisy dropped her phone and buried her face in her knees. God she hated him. Nick didn’t ask but tightened his arms around her while she silently cried.            This is for your family… this is for your family…  

[charlie---writes]

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Posts So Far

[sacredmoonrising]

Chapters: 1/1 Fandom: Kingdom Hearts Rating: Teen And Up Audiences Warnings: Creator Chose Not To Use Archive Warnings Relationships: Saïx/Xemnas (Kingdom Hearts) Characters: Xemnas (Kingdom Hearts), Saïx (Kingdom Hearts) Additional Tags: xemsai - Freeform, Full Moon, Angst, Violence, Animal Traits, Animal Instincts, Loss of Control, fight, Writober 2018 Series: Part 1 of Writober 2018 Summary:

« Stand up. » Replying to those words just a slow, murmured growling. A laughter follows, dense and warm like a casting of melted gold.

[winkingtothevoid-blog]

«Ahw, that’s cute.» Tony commented behind his mug of scorching hot coffee. Thor came out of the elevator slowly, shuffling tiredly in the kitchen of the common flat and rubbing at one of his eyes. «Looks like someone had too much to drink last night?» «I lost a bet.» the God of Thunder murmured darkly, blushing in his Pikachu onesie. He had a Iron Man doll between his arms, which he sat on the table. «I’m most certain Barton used some sort of trickery.» «Of course he did.» Tony nodded, reaching for the doll and examining it with lazy smile. «The doll is a nice touch, tho.» «Don’t make fun of me, Man of Iron.» the blond warned. He somehow managed to look intimidating even in a pokèmon pijamas, what kind of witchcraft was that? «I wouldn’t dare, little Kathy.» the engeneer replied sweetly, coughing to dissimulate a laugh. Thor, growled and got up, grabbing him by the neck and slamming him against the kitchen island with a thud. Tony choked, grabbing the other’s wrist. «Woah! Calm down, big boy!» «Am I not manly enough for you, Tony?» the God hissed, unzipping his onesie. «What the fuck?!» the engineer yelped when the blond flipped him over and basically tore his trousers apart, keeping him in place with a big hand pressed on his head. «Hey! What if someone walks i-» «Shut up.» Thor boomed, sucking two fingers and shoving them inside the smaller man, whom jolted in pain-pleasure, still a tender from their last encounter but turned on from his unusual forceful attitude. «I’ll show you how manly I can be.»

[heartqueen67]

Sleepless Night #1

Ok. First try ever posting something. Information, English is not my first language so I will have mistakes in this. Just ignore them or tell me. This is also my first try to, like, sharing my work. I hope it’s somewhat ok

The writing prompts are here

Have fun

~~~

Prompt: OTP

Fandom: Avatar the last Airbender

Paring: Sokka/Toph

~~~

Again. Again a sleepless night. Beautiful, shining stars and the full moon smiled down at the sleeping world. Sadly enough, she wasn’t able to see it. Her friends were fast asleep, after all the trouble it was only naturally. But she couldn’t.

Again. Again a sleepless night for her. Again an other day of headache, moodiness and nausea. Tried she closed her eyes, soothing the burning a little. But sleep didn’t came to her.

The soft breaths of her friends ringed loud in her ears. A light breeze drove over the field they were laying in.

A yawn got her attention. Appa was awake. He always got up I’m the night, looked if everyone was still here, still asleep, still breathing. The heavy steps vibrated trough the ground to her body. Every few seconds he stopped, sniffed and made a satisfied noise. At here she stopped the last time. Then he laid down, curling himself around her small, but strong, body.

This was something he did since a few weeks. Just curling around her, spring a consoling warmth and just letting her know she is not alone. She rememberd the time in Ba-Sing-Se. When he vanished.

Quietly sighing she turned to the side, into his fluffy body. Curling herself into a small ball, she opend her eyes again. Appa made a deep noise, sad and caring. It send a warm shiver trough her body.

She was sick. Sick of everything and everyone. There where times where she thought Appa was her only friend. No one really understood her.

A soft laugh cut through the peaceful silence. Steps she knew to well walked in her direction. Fast she closed her eyes. The steps stopped. She heard him mumbling to apps. He told him how happy he is. Happy that he cared for her, that he protected her.

Than he walked to her. She heard him crouching down to her, felt his hand above her head. Softly he petted her hair, made a quiet noise, kind of a sign.

She still faked to be asleep, he didn’t talk. It was quiet. Everything was silent. She didn’t hear the breaths of the others nor the rustling wind.

He moved again. She felt something on her head. Soft, warm. Her heart started to beat faster, blood rushing up to her cheeks.

She heard the other ask something, but didn’t understood it. He answered, said she looked tired while sleeping. They told him they were worried about her. He said they shouldn’t be. That she’s strong. Told them to go to sleep again.

It got quiet again. Her heart was beating so fast, she afraid thought he could hear it.

Something was rustling behind her. A warm body laid against hers, arms around her figure.

“Good Night, Toph”

Again.

Again a sleepless night.

Beautiful, shining stars and the full moon smiled down at the sleeping world.

It didn’t matter anymore that she couldn’t see them.

Again a sleepless night for her.

Again an other day of headache, moodiness and nausea.

But suddleny she didn’t care anymore.

Good night Sokka

[picopiconius-blog]

da 01/10 a 08/10 #writober2018

Invito

Mi hai invitato al tuo compleanno e non sono venuto Mi hai invitato alla cena di Natale e non sono venuto Mi hai invitato a casa tua e non sono venuto Mi hai invitato a smettere di fumare e non sono venuto Te l'ho detto che col preservativo è più complicato

Nuvole

Sagge barbe bianche volanti Galeoni cielesti d'altri mondi Immense creature del cielo Ponderanti poderosi giudici privi di morale e sentimento dove si perdono gli occhi d'ogni sognatore disarmato che ancora lungo la strada (di fronte a fili ricci all'orizzonte di lanoso candido manto freddo come chioma persa al vento di un'anziana donna giovane) si ferma alla piazzola di sosta si siede sul cofano a fissare quei titani che gareggiano lenti e distanti e perenni e poco a poco ogni volere diventa sempre più chiaro veloce e vicino e finito che anche i piedi non vogliono più saperne di gravità di stare costretti alla terra che chiama nel diluirsi al cangiante bianco dove s'irradia lindo ogni altrove all'orizzonte indaco di cielo stanco Torna a casa almeno per le nove

Quei minuti in più di pace salvano la vita al canto loro ancora indisturbate e noi fermi pronti al salto

Insonnia

E mi sveglia questo cielo mattutino che mi dice solo che non ho dormito nulla guardo quella sveglia sulla - scrivania aspetto che arrivi il sonno come gli ebrei aspettano arrivi il messia senza ferite ma è una malattia - dio, il cervello mi va in avaria

Ho provato con degli ansiolitici ho provato poi con dei sonniferi ho provato confidarmi con gli amici più vicini e coi vicini

Per dormire bevo cinque birre fumo cinque zicche bevo un altro e adesso ho provato con la corsa con il ballo e poi col canto e col sesso

Nulla,  voglio adesso la mia culla dove dormivo ma senza pensare ma senza pensare ma senza pensare più in loop che ora spengo la luce ma mentre sogno cartucce per mettere fine a queste cose che posso pure chiamare torture

dimmi cosa devo fare ma ti prego metti fine all'esistenza che col sonno che mi trovo è peggio della tossicodipendenza pesa - è un macigno che ti preme sulla testa pesca che esplode che si apre sotto un passo e troppo peso e dopo quando esco uno mi parla e non capisco e punta il dito ed io finisco dritto sotto un camion

Segreti

Ho bisogno di adrenalina di fare quando non ho capito di correre quando sono stanco arrampicarmi a braccia legate di viaggiare quando non so dove sto andando e perché quando non so come funziona dove mettere le mani e non so proprio che dire come reagire e quanto tempo guardarti dritto dritto negli occhi Ho bisogno di non sapere cosa sta per succedere di rimanere col fiato sul collo col fiatone col fiato corto con le gambe corte da quanto sono costretto a mentire almeno una decina di volte al giorno per natura che vuole Ho bisogno di rimanere esterrefatto indignato incredulo indecente Ho bisogno di vedere e dire che è impossibile con lacrime di gioia e bocca spalancata Ho bisogno di correre su ponti di vetri rotti su precipizi affacciati su rocce spaventose che mai vorresti farlo in vita altrimenti non potrò mai sentirmi abbastanza vivo essere abbastanza felice essere abbastanza

Futuro - #witober2018 (05/10/2018)

In ogni piccolo gesto quotidiano mentre auguro buon lavoro al barista mentre saluto il cane d'un altro che vuole la mia pizzetta con patate e tutte quelle lotte eterne e tragiche per prendere l'ascensore in ospedale purgatori d'anime in visita ai cari e tutti quei piedi che battono fuori tempo sui marciapiedi e sulle scale purgatori d'anime in moto a luogo e tutte quelle parole e la grammatica e la voglia di parlare fischiettando come tutti quei santi animaletti che senza chiedere una moneta mi cullano dal letto alle ciabatte e tutti gli il lo la i gli le e gli in con su per tra fra che strafanno sempre in bocche impastate di positivismo che viene scambiato per ottimismo e tutti quei dinosauri ormai polvere e il sole che non si ferma manco se lo preghi come il più sano dei culti e tutte quelle cose che passano sotto mano, come un coltello, un bicchiere una penna, una mano e si spera di meglio e tutto quel vento e quella luce e i ricordi ancorati a profumi stagionali o certe arie e tutte quelle speranze o aspettative e tutte quelle attese, quel posticipare al giorno mese anno vita successivi da esseri finiti d'una fine inaspettata continuiamo a lasciare la scritta "Torno subito" sulla porta in vetro mentre ci prendiamo un caffé vicino per paura della clientela

Colazione - #writober2018 (06/10/2018 - con 40 minuti di ritardo :D)

COLAZIONE

Ho un forte dolore alla testa. Cerco di guardarmi intorno per capire dove mi trovo. Luci e ombre, qualche linea di scaffali. Non sto bene, ho il fiatone. Cerco di collegare i vari punti con un po' di memoria, un po' d'immaginazione. Dovrebbe trattarsi della mia vecchia casa, prima dell'ultimo trasloco, quella in via Budapest. Come ci sono finito? La porta è aperta, uno spicchio di luce mi taglia in due. Mi avvicino, apro. Il corridoio ha qualcosa di strano. Non mi ricordavo fosse così fuori dalla mia camera. Forse non è casa mia, forse son stato male e mi hanno lasciato qui per farmi riprendere. Magari sono usciti per cena pensando che non mi sarei mai svegliato per come stavo messo. Ma chi? Che giorno è? Devo aver bevuto. Forse è casa di Valentina, dopo tutto non l'ho mai vista. Ma Valentina chi? Non ho memoria. Ho solo un brutto presentimento, come un'unica certezza che fatica a tornare a galla, la verità sulla punta della lingua. Eppure questo corridoio l'ho già visto. Mi ricorda la casa in Viale Trieste dove sono nato. Possibile che m'abbiano giocato questo scherzo? Che amici! Ma quali amici? Li ci sono le foto dei miei nonni, proprio com'erano disposte quando ancora abitavo in quella casa. L'unica cosa nuova è quel biscotto gigante vicino alla finestra. Un biscotto con una bocca e un occhio centrale. È un po' che balla con l'ombrello, intonando Mistero di Ruggeri. Dice: Con gli occhi bene aperti cerchiamo un po' d'amore. Certo che è strano. Non ricordo di aver mai visto un biscotto con la bocca in questo corridoio. Sarà quell'amico strano di Matteo. Ma Matteo chi? Ecco, il biscotto mi sta parlando, muove il labbiale. Non capisco tutte le parole, sento solo: Guarda bene [...] trovi, è li [...] la verità [...] che [...]. Sta correndo verso di me. Ora in mano ha un piccolo uomo che urla. Mentre corre verso di me, con la bava alla bocca, ingoia l'omino. Non capisco se provo paura. Ho di certo il fiatone, mal di testa. Mi guardo i piedi e cado in un vortice blu scuro. Il biscotto cade con me. Nelle pareti del vortice ci sono tante piccole finestrelle con Jerry Scotti che urla: SAI DI COSA È TEMPO! Il biscotto urla: Guarda bene dove ti trovi, è li il brutto presentimento, la verità è che devi svegliarti.

Sono sudato, è mattino. Dalla finestra entra uno spicchio di luce. Ho fatto un sogno strano, non ricordo bene quale. C'erano le foto dei miei nonni. Vado in cucina. Faccio colazione.

Vento #writober2018 (07/08/2018 - con 10 minuti di ritardo)

Tengo ancora alla finestra i suoi incensi. Mi sembra di parlare con lei, di toccare i suoi capelli. Mi sfiora con i filamenti di fumo. Ne accendo uno al giorno, la sera, prima di coricarmi, mentre fumo l'ultima sigaretta sperando di trovare finalmente il sonno. Gli ultimi tre e poi non saprò più come toccarla. Gli ultimi tre e poi inizierò giorno per giorno ad avere qualcosa in meno. Non avrò più nulla tra le mani, nulla da odorare. Solo la sua casa in cenere e qualche ricordo. Gli anni l'avranno vinta, la vecchiaia, la morte - anche con me. Qualche volta la sento bussare, ma poi mi alzo di corsa e sbatto contro le pareti e vado alla porta e non c'è nessuno. Ogni notte maledico il vento.

Statua #writober2018 (08/10/2018)

STATUA

Per essere totale e totalmente soddisfatto da questa esistenza dovrei farmi esporre al centro di Piazza D'Italia al posto di Vittorio nudo in un atto onanistico focoso mentre mi asciugo in torsione - vorrei - suggerire la mia visione da più punti di vista esattamente come La Venere Inginocchiata ma fiero come il David e poi espressione della Maddalena Penitente, come quando aspetti alle poste e tutto inizia a perdere senso. Penso ai mezzi busti, a me con i fusti di birra al centro di Piazza Tola. Così, mi farei cementificare dall'alto di tutta la mia viva sbronza, istantaneamente, come gli angeli di Doctor Who quando li guardi come i mafiosi quando ti mettono sotto le betoniere per nascondere il cadavere

[enerimess]

Contributo per il primo giorno del #writober2018 di @fanwriter.it 😋✍️ ~prompt: Invito/OTP ~fandom: #voltron ~ship: #shance 💙💜 . . . #writober #fanwriterit #giveloveashance #writingchallenge #writer #justwrite #robadafanwriter https://www.instagram.com/p/BobcciuHSA-/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=zm9jrdx33umy

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On your feet

Hello hello hello, ritorno adesso dopo centinaia di anni per pubblicare qualcosa. Non è niente di nuovo, ma viene fuori dal Writober del 2018. Enjoy!

R18 - OTP - Xemsai - 703 parole 

01/10/2018 

« In piedi. »

In risposta a quelle parole, solo un lento, sommesso ringhiare. 

Segue una risata, densa e calda come una colata d'oro fuso. L'uomo a cui appartiene la risata si avvicina lentamente, con passi calcolati e attenti, alla creatura ringhiante accucciata sul pavimento.

Alla luce della luna piena i suoi lineamenti appaiono scolpiti nel marmo bianco, ma il ringhio che gli scopre gengive rosse e denti appuntiti ne deturpa la bellezza. 

« In piedi. » ordina, nuovamente, con più decisione stavolta. 

Il ringhio non cessa, risuona in quella gola umana come fosse quella di un animale. Le pupille, sottili come quelli di un felino, non staccano gli occhi dall'uomo, sottomesso ma ancora scosso da un brivido di ribellione.

Solo dopo un lungo istante ubbidisce. Le ferite sul corpo bianco sono profonde ma è come se non sentisse il dolore. La sua mente è lontana questa notte, e Xemnas ha tutta l'intenzione di approfittarne. 

Quando le lame eteree bruciano l'aria, apparendo come estensioni delle sue braccia, Saïx si tira indietro, solo di un passo, sulla difensiva, le labbra arricciate e le mani arcuate come artigli. 

Xemnas ride, deliziato da quello spettacolo. Non meno ferito è il suo corpo bruno, colpito con desiderio di morte dalla furia di Saïx. 

« Avanti. » lo incita, un sorriso sbieco sul meraviglioso volto. Stanco, provato, ma non sconfitto. 

Prova un sottile piacere nel fargli credere di avere il controllo.

Saïx ulula, un lupo dalla pelliccia blu notte, e si lancia sull'uomo a mani nude, pur potendo evocare un'arma per contrastarlo. 

Se Xemnas lo colpisse con una delle lame potrebbe ucciderlo, l'odore nel sangue nell'aria gli riempie già i polmoni. Pregusta il momento in cui il suo sguardo ambrato si spegnerà, oscurato dal velo sottile del nulla, si passa la lingua sulle labbra e reprime il tremito. Deve avere mani salde, adesso, nell'unico momento in cui Saïx può combattere per se stesso. 

L'uomo fa un salto indietro poco prima di finire sotto gli artigli di Saïx. Se il fendente fosse andato a segno...

C'è la concreta possibilità che lui prenda il sopravvento, e questo lo rende solo più eccitante. 

Si abbassa per sferrargli un calcio agli stinchi e fargli perdere l'equilibrio. Preso alla sprovvista, perché troppo concentrato sulla sua stessa ira, Saïx non riesce ad evitare il colpo e crolla a terra. Di nuovo. 

Xemnas gli è sopra in un attimo. 

La lama vibra, a poca distanza dalla pelle morbida, eterea, del collo del suo avversario. Il desiderio di ucciderlo è pari solo a quello di tenerlo in vita, ai suoi piedi, per sempre. 

Saïx torna a ringhiare, frustrato. Ha capito che non può vincere o la sua mente è ottenebrata dalla luna piena? 

Dall'espressione vacua, stordita, sembrerebbe così. 

« Ancora. » mormora Xemnas, quella voce chiocciante come un rotolare di ciottoli sulla battigia. 

Lui non se lo fa ripetere, stavolta, e balza in piedi con un colpo di reni. Si avventa sull'uomo con le forze che gli rimangono. Ormai è allo stremo, e quel corpo martoriato ne è la prova. 

Il suo attacco va a vuoto e prima che possa voltarsi per difendersi, Xemnas gli assesta una gomitata tra le costole.

L'uggiolio che gli sfugge dalle labbra è rassegnato, finito. È sempre stato uno scontro impari, non ha mai avuto speranze, eppure stavolta, quest'unica volta, ha pensato di poter davvero... 

« Vieni qui. » dolcemente, Xemnas gli porge una mano.

Saïx respira a fatica, ma ubbidisce. Gattona sul pavimento fino a lui, lo guarda dal basso con occhi grandi. Ha fatto del suo meglio, e non è stato abbastanza.

Xemnas passa le dita tra i capelli di zaffiro, un dolce sorriso sulle labbra di velluto. « Mi aspettavo qualcosa di più da te. » gli solleva il viso tenendolo dal mento, e si abbassa quanto basta perché Saïx possa sentire il suo respiro sulla pelle.

Freme, le mani hanno un sussulto, ma non osa muoversi, non adesso. Qualcosa di simile alla paura gli riempie il petto altrimenti vuoto. Respira più forte, anche se il fianco gli fa male per la gomitata.

Poi lo schiaffo, violento. Gli spacca il labbro inferiore e gli riempie la bocca di sangue. Quasi perde l'equilibrio, ma riesce a mantenersi dritto solo per pura forza di volontà.

« In piedi. » torna a ordinare Xemnas.

In risposta a quelle parole, solo un lento, sommesso ringhiare.

[awritersnightmare]

Spooktober Day 4- Ashes

Day 4! I don’t have much to say other than it’s done with different characters again. Ones I haven’t done much in awhile but I’ve missed very much. Hope you enjoy! Please reblog if read. 

Day 4- Ashes            Shanley crouched in the grass, her face glued to the house in front of them. Her childhood home had clouds of smoke curling their way into an overcast sky. Her hands were pressed into the spiky blades under her while the ashen pieces of the burning house fluttered around her lazily.            The smoke that eventually reached her found its way to her throat and choked her slowly. She coughed, haggard and deep from her stomach. Still she refused to move.            Arya’s hand rested heavy on her shoulder. Shanley didn’t look up. That was fine. Arya and Casey were here to help and support her. The two with her couldn’t possibly understand the thoughts and feelings that were going through her mind and body.            It wasn’t their house. It wasn’t their childhood. It wasn’t their crime scene.            Not exactly at least.            Right now it was, but the original crime had been Shanley’s alone.            This whole thing had been Arya’s idea. She was of the opinion that everything could be solved by just getting rid of it. Burn the house, burn the memories, and burn the guilt. She’d done it herself after all. Sure that had been over a century ago, it worked.            At this rate, Shanley would try anything to get rid of the aching horror that had carved its way inside. She was a host for all the pain her family must have felt, for all the guilt she was now cursed with for being the one that had done it. They were dead, dead because of some stupid fight they’d had. A stupid fight that had rested heavily on her subconscious the same night as the full moon. The first time she’d turned.            Arya could imagine that guilt. She’d been the cause of her own family’s deaths. Sure in her case it hadn’t been her fault exactly, but the guilt was still there. Sometimes. She’d gotten remarkably good at turning her feeling off.            Sobs rose up and echoed out over the empty cul-de-sac. If anyone was home they didn’t notice the three figures watching the burning house. They didn’t even notice the burning house that, under normal circumstances, might have spelled disaster for the rest of their homes and manicured lawns.            But not tonight.            Not with a fire being carefully contained by a witch. No one would even notice the house until it was simply rubble and charred pieces and when the three of them had hightailed it back to Salmon Creek. Far away from the middle class public and humans who dominated the whole area.            “We should get going,” Arya said.            Shanley didn’t answer, her crying eyes hyper-focused on the fire. The top floor had caved in and the house was just a pile of kindling now. The structural integrity finally giving out. The police tape that still surrounded the house was starting to melt too. The plastic creating an acrid burn that made the three scrunch their noses in disgust.            Casey and Arya exchanged a glance, worried that Shanley hadn’t heard them. That this had done more bad than good. She’d just been so sad lately, moping around the house, ignoring her studies, refusing to take Gwen’s calls. It was causing suspicion in the town. And while most of the residents of Salmon Creek were Mystics, the humans at the school had started asking questions.            It was bad exposure.            The cops were at their house enough on calls of loud noises and disturbances. They could only be satiated for so long. It was hard enough having a new werewolf in the house, and there was only so much an inexperienced witch and a seasoned vampire could do. Only so much they knew how to handle.            “Can you make it go faster?” Arya asked Casey.            Casey’s eyebrows knit together. “Only if you want me to drop the cloaking spell. I can only do so much at once. I don’t have an infinite pool of energy.”            Groaning, Arya dropped down onto the grass and leaned against Shanley. “You holding up okay, Lassie?”            Shanley shrugged, resting her head on top of Arya’s but still staring at the house. “I feel kind of empty.”            “That’ll pass.”            That made her look over. She frowned at Arya and asked softly, “did it pass for you?”            Arya forced a smile and hugged the weeping girl tightly “it sure did. It sure did.”            A loud crash made them all look up as the house’s last level gave out and the entire building sat in what used to be the basement. Shanley let out a shuddering breath and curled her body against Arya’s thin frame.            Casey dropped her hands then and the fire burned on. It would until the entire house was just black ash. Maybe the occasional support beam or piece of tile left to remind the residents of the cul-de-sac that yes this had once been a house.            The night air must have been cold, but none of them felt it. The heat from the house permeated several feet around it on all sides. The beautiful three storey homes began to light up as the residents smelled the smoke. They poked their heads out, cellphones in hand. Yelling to each other that “its fine I got!”            Arya smirked at the thought of twenty white suburban moms calling the fire department and bemoaning how ugly their neighbourhood was going to look now. Served them right for the way they ostracized Shanley afterwards.            Without even remembering how sweet she was, they had instantly believed that she was guilty. Deranged and guilty.            Even when it had come out that wounds looked like they’d been done by some kind of wild animal. Yes, Shanley had been the wild animal, but these sensitive idiots really believed that she had done it herself. Not that their opinions mattered much, she’d ended the court case viewed as a survivor, covered in blood and scratches. And so that was how she’d been charged, locked in a psych ward to get help for the obvious trauma. Only, the trauma they were treating her for hadn’t been correct.            Thank all the powers of the universe Arya had found her when she had.            “We really should get going now,” Arya said.            She stood up, helping the crying Shanley to her feet. Casey nodded and wrapped her coat tightly around herself.            It must be really cold if even the fire wasn’t keeping her warm anymore.            Arya was always cold, both from being undead and just… leftover poor circulation from when she was alive. It was a curse, one she had just learned to deal with. She wore large coats almost all the time, but it was never enough.            “I’ll drive,” Casey said when they reached the car. “You stay with Shanley okay?”            Arya nodded and helped the girl in the car. Shanley buckled her seatbelt and looked back out the window at her house. The world outside was now raining ashes, some of it was caught in her hair.            Casey revved the engine and pulled away from the scene. The further away they drove, the more she seemed to relax. The cloaking spell was dropping.            “You’re gonna be okay kiddo,” Arya said to Shanley.            Shanley nodded numbly.            God Arya hoped she was right.

[verawintersautrice]

Writober giorno 19

– Femslash – – HarukaxMichiru / Sailor Moon – – 320 parole –

𝐴𝑛𝑑 𝑡𝘩𝑒𝑟𝑒 𝑎𝑟𝑒 𝑣𝑜𝑖𝑐𝑒𝑠 𝑡𝘩𝑎𝑡 𝑤𝑎𝑛𝑡 𝑡𝑜 𝑏𝑒 𝘩𝑒𝑎𝑟𝑑 𝑆𝑜 𝑚𝑢𝑐𝘩 𝑡𝑜 𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖𝑜𝑛 𝑏𝑢𝑡 𝑦𝑜𝑢 𝑐𝑎𝑛’𝑡 𝑓𝑖𝑛𝑑 𝑡𝘩𝑒 𝑤𝑜𝑟𝑑𝑠 𝑇𝘩𝑒 𝑠𝑒𝑛𝑠𝑒 𝑜𝑓 𝑚𝑎𝑔𝑖𝑐, 𝑡𝘩𝑒 𝑏𝑒𝑎𝑢𝑡𝑦 𝑡𝘩𝑎𝑡’𝑠 𝑏𝑒𝑒𝑛 𝑊𝘩𝑒𝑛 𝑙𝑜𝑣𝑒 𝑤𝑎𝑠 𝑤𝑖𝑙𝑑𝑒𝑟 𝑡𝘩𝑎𝑛 𝑡𝘩𝑒 𝑤𝑖𝑛𝑑

La musica del violino era una melodia malinconica che riempiva l’aria, donando un’atmosfera stranamente ovattata al gazebo immerso nel verde che ospitava la snella…

[sacredmoonrising]

Chapters: 1/1 Fandom: Kingdom Hearts Rating: General Audiences Warnings: Creator Chose Not To Use Archive Warnings Relationships: Riku/Sora (Kingdom Hearts), Riku & Sora (Kingdom Hearts) Characters: Riku (Kingdom Hearts), Sora (Kingdom Hearts) Additional Tags: Fluff, Friends to Lovers, Friendship/Love, Best Friends, Cute, Love, Falling In Love, Idiots in Love, Teenagers, Teen Romance Series: Part 2 of Writober 2018 Summary:

He liked being with Riku. He liked being with Riku. Riku was his best friend.

[thedorkytomboywrites]

Writober Day 3: Religion

Sam is the Halloween spirit. If you follow his rules, you will be rewarded your life, along with some candy. But if you dare defy him, you will face the dire consequences. Let’s go over the rules shall we? Since I’m sure we all would like a safe and happy Halloween.

Always wear a costume

Don’t be like Charlie and wear an orange shirt with the words “This is my costume” written across it. Halloween is all about having the spirit, not wearing a costume is boring. And to Sam it’s disrespectful. If you dare not wear a costume, watch out!

Always pass out treats

Don’t be rude and not buy Halloween candy just because you don’t like the holiday and/or people coming to your door. If you do so choose to isolate yourself however, then Sam shall give you the “Kreeg Treatment”.

Never blow out a Jack O’Lantern

Sam is especially sensitive to pumpkins. Don’t EVER, and I mean EVER. Blow out a pumpkin before Halloween is over. If you do, then soon after, your LIFE will be over.

Always check your candy

Simple. Check your candy, or die. Sam just makes sure your aware that candy can be dangerous. If you choose not to listen, that’s on you.

[mihidecet]

WritOber 2018, day 3!

Prompt: Insonnia (Insomnia)

[English]

Morning comes slowly and quietly, with delicate sunlight making its way through the wooden blinds and onto her pillow. Normally, the gentle rays would wake her up: Nora wasn't a light sleeper, but her body was used to responding to sunlight since it usually meant her parents would soon need her down in the shop.

That day the young halfling didn't wake. There was a book laying uncomfortably on her face, smushing her nose a little and printing a red line on one side of her cheek.

Other than making her rest just slightly more uncomfortable than usual, the book effectively prevented her from feeling the increasing warmth seeping through the window.

Which, of course, almost made her arrive late at her appointment with Master Theven.

She reached his study in a hurry, running down a hallway she /knew/ she mustn't run through, and knocked fast on the wooden door, her breath coming in deep heaves and her nose, cheeks and ears red due to the icy winter chill.

The moment Master Theven opened the door his eyebrow raised inquisitively, as it always did: just like Nora would always ask questions out loud, Master Theven would arch his eyebrow and expect an answer.

"I'm so sorry! I overslept." The girl admitted, feeling a bit silly. It rarely happened to her, and it was usually something she did on purpose to avoid doing things she didn't want to.

The sorcerer simply nodded, then allowed her to enter the room.

"Do you often find yourself unable to sleep?" He asked as he looked through the papers neatly stacked on his desk. There seemed to be a handful of parchment with notes and runes scribbled onto them, and Nora strongly hoped they would be for that day's lesson.

"No, I just wanted to finish one of the books you gave me and I lost track of time." Master Theven nodded once, seemingly satisfied with the answer.

"Do you ever suffer from insomnia?" The elf stilled, his eyes losing focus for a moment as he seemed to lose himself in old memories. Nora waited patiently for the man to get back to himself, her hands clasped together in front of her and worrying the edges of her sleeves.

"Yes, but that is a matter for another time. Sit down, we have much to do today."

[Italian]

La mattina giunse lentamente e silenziosamente, quando la delicata luce del sole si fece strada attraverso le veneziane di legno e sul suo cuscino. Normalmente, i leggeri raggi l'avrebbero svegliata: Nora non aveva il sonno leggero, ma il suo corpo era abituato a rispondere alla luce del sole perché di solito significava che i suoi genitori avrebbero presto richiesto il suo aiuto nel negozio.

Quel giorno la piccola halfling non si svegliò. C'era un libro appoggiato in modo decisamente scomodo sulla sua faccia; stava schiacciando leggermente il suo naso e lasciando un segno rosso su un lato della sua guancia.

Oltre a rendere il suo riposo leggermente più scomodo del solito, il libro riuscì ad impedirle di percepire il calore entrare attraverso la finestra.

Cosa che, ovviamente, la portò ad arrivare quasi in ritardo al suo appuntamento con il maestro Theven.

Arrivò allo studio di fretta, correndo attraverso un corridoio in cui /sapeva/ di non poter correre, e bussò velocemente sulla porta di legno, ansimando e con naso, orecchie e guance tinte di rosso a causa del freddo invernale.

Non appena il maestro Theven aprì la porta il suo sopracciglio si alzò con fare inquisitorio, come sempre faceva: così come Nora poneva sempre domande ad alta voce, il maestro Theven inarcava un sopracciglio e si aspettava una risposta.

"Mi dispiace moltissimo! Non mi sono svegliata in tempo." La ragazza ammise, sentendosi un po' sciocca. Le succedeva raramente, e solitamente era qualcosa che faceva di proposito per evitare cose che non voleva fare.

Lo stregone semplicemente annuì, poi la invitò ad entrare nella stanza.

"Ti capita spesso di non riuscire a dormire?" Chiese lui, cercando qualcosa tra le varie pile ordinate di fogli presenti sulla sua scrivania. Sembrava ci fossero delle pergamene con sopra scritte note e rune, e Nora speró fortemente che fossero per la lezione di quel giorno.

"No, volevo solo finire di leggere il libro che mi avevate dato e ho perso di vista il tempo." Il maestro Theven annuì, apparentemente soddisfatto della risposta.

"Vi capita mai di soffrire d'insonnia?" L'elfo si bloccò, i suoi occhi andarono fuori fuoco per un momento e sembrò perdersi nei suoi vecchi ricordi. Nora aspettò pazientemente che l'uomo tornasse in sè, tenendo le mani unite di fronte a lei e giocando con le estremità delle sue maniche.

"Sì, ma ne parleremo un'altra volta. Siediti, abbiamo molte cose da fare oggi."

[arianwiththewords]

7.Exhausted

Prince of Dalton pt.1

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There once was a prince of Dalton

Who was brave and wise yet sulken

Until the day came when their eyes looked away, and he ran to the hills to do nothing

[paulinterviews]

"Gli inseparabili" (Writober 4 - Rating verde) è il mio personale terzo appuntamento con il #writober2018, oggi sul tema rating verde! Tanto fluff, coccole e dolcezze :) Come dalla prima storia, i nostri eroi sono Lance e Keith Gli uccellini cantavano soavi nel giardino accanto alla loro casa. Le chiome degli alberi coprivano a tratti le mele che penzolavano dai loro rami, attraendo coi loro colori vivaci golosi vermi che scavavano le loro tane zuccherine nella polpa.