Tumgik
#poco sale fino.
farfalla-azzurra-blog · 7 months
Text
Salatini di Azzura Farfalla
Ingredienti : -2 forme Quadrate di pasta sfoglia da    230grammi -100 grammi di prosciutto cotto -parmigiano reggiano macinato q. b. -olio e. v. o. -un pizzico di sale -origano q. b. -pepe arcobaleno q. b. Preparazione molto semplice e poco costosa: in un contenitore mettere il prosciutto cotto a pezzetti, il parmigiano, l’olio ed i vari condimenti. Mescolarli fino ad ottenere un…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
Text
Ultimamente sono sempre “troppo” stanca.
Sono troppo stanca per mangiare. E per leggere quel libro di cui avevo segnato l’uscita sul calendario.
Sono troppo stanca per andare al mare, per le onde che mi si infrangono contro le caviglie e i capelli annodati dal sale, mentre i gabbiani strillano sopra la mia testa.
Sono troppo stanca per prendere il treno. E per uscire la sera “anche solo per un gelato”. E per andare al centro commerciale “proprio ora che ci sono i saldi”.
Sono troppo stanca per scrivere. E per studiare per quel famoso “ultimo” esame. E talvolta persino per parlare, con le labbra contratte in una linea spezzata e le spalle che si sollevano a mo’ di scusa.
E ci sono giorni in cui sono troppo stanca persino per piangere.
É il genere di stanchezza che ti si accumula nelle ossa e ti si deposita dentro le vene, come piombo che ti trascina sempre più in basso.
Il genere di stanchezza che ti apre una voragine al centro del petto e come un buco nero assorbe tutta la tua luce.
Il genere di stanchezza che ti fa abbassare lo sguardo e tremare le mani, e ti fa appoggiare al corrimano mentre scendi le scale, e ti fa accostare mentre guidi, costringendoti ad abbassare i finestrini.
É il genere di stanchezza di cui cerchi disperatamente di difenderti. Perché ti senti consumare a poco a poco. E le parti che ti logora sai che non le riceverai più indietro.
È quella stanchezza che non puoi spiegare a parole. Della quale nessun articolo parla. Di cui non esistono canzoni abbastanza profonde e sinfonie abbastanza deprimenti per poterla esprimere in maniera completa.
Il genere di stanchezza che ti fa credere non esista rimedio. E che ti gonfia il cuore fino a strappartelo dalle costole, spezzandotele una ad una.
Non passa coi caffè. Né coi biscotti al cioccolato. Né con una mattinata di sole e un abbraccio sincero.
Non passa mai.
-pensieri delle 22:36
313 notes · View notes
angelap3 · 4 months
Text
Tumblr media
"Non dimenticatemi"
Massimo Troisi ❤️
Camminando sulla spiaggia nera del Pozzovecchio, aleggia ancora l'anima di un personaggio forse tutt'oggi ancora troppo poco apprezzato nella sua vera grandezza.
Nn a Procida però, dove il suo ricordo è ancora vivo.
Diverse persone durante le riprese del "Il Postino" si accalcavano fuori le ringhiere del set per rubargli uno sguardo.
A Massimo.
Sempre gentile, simpatico, dicono.
Ma anche molto silenzioso.
Che si faceva vedere poco, e che aveva una controfigura per le scene in cui il postino andava in bicicletta, anche tra altre strade, oltre a quelle di Salina.
Quando a Corricella, Massimo ha girato la sua ultima scena, a fine set, tutti gli applausi sono per lui.
Massimo sorride, ringrazia.
Poi sale su un gozzo che lo sta per portare via.
Si gira verso il molo della Corricella.
"Nn dimenticatemi.", dice.
Saluta con la mano, sorride un'ultima volta.
Il giorno dopo, a Ostia, si spegne nel sonno.
Il tempo di lasciarci un'opera indimenticabile.
Che nn riesce a vedere realizzata.
Ultima di pochi film, ma sempre pieni di pensiero.
In una Napoli dove il sole, il famoso sole, c'è e nn c'è, dove un ragazzo nn vuole emigrare ma solo "viaggiare, conoscere...", dove se il Napoli perde col Cesena è un bel problema, dove basta perderti nella campagna per ritrovarti nel 1492 ("quasi millecinque"), o sederti su una sedia a rotelle perché nn sai affrontare la vita, dove parli dell'amore in tutte le sue forme, provando a pensare fino alla fine che sia soltanto "un calesse".
"Nn so cosa teneva d'int 'a capa", diceva Benigni.
Ma sicuramente "ha fatto più miracoli il suo verbo di quello dell'amato San Gennaro".
Il 4 Giugno 1994 ci lasciava il Grande Massimo❤️
40 notes · View notes
viendiletto · 8 months
Text
Nel ricordo di Marinella… Una scelta di volontariato
“Mi aggiravo tra la folla, attratta da quella moltitudine vociante, dalle bandiere e dai labari delle nostre città istriane, fiumane e dalmate. Era il 1997, si ricordavano nella piazza principale di Trieste i 50 anni dall’esodo, anche i miei cinquant’anni essendo nata nel 1947. Ma il mio pensiero era fisso su mio padre. Vedi – gli dicevo col cuore gonfio – finalmente parlano di noi. Ma lui era mancato qualche tempo prima senza smettere di sentirsi fuori dal coro, un alieno…” 
Fu così che, durante quell’esperienza pubblica, Fioretta Filippaz, nata a Cuberton, esule a Trieste dal 1956, si rese conto di sapere ben poco della propria storia e del destino di tanta gente che come lei era stata costretta all’esodo dall’Istria.
Decise così di fare la volontaria?
“Quel ’97 fu per me uno spartiacque importante, i miei genitori non c’erano più ma le domande che avrei voluto rivolgere a loro, erano veramente tante. Allora presi informazioni e mi ritrovai all’IRCI che allora aveva sede in P.zza Ponterosso, nell’ufficio di Arturo Vigini, con lui c’era anche la figlia Chiara. Mi presentai e dissi che avrei voluto rendermi utile, partecipare dopo tanto silenzio. Non cercavo un lavoro di concetto, mi bastava anche semplicemente imbustare e affrancare gli inviti per le numerose iniziative dell’ente o per spedire la rivista Tempi&Cultura. Così ho cominciato”.
Una “volontaria”, oggi una del gruppo che segue l’attività dell’IRCI in via Torino, accoglie i visitatori delle mostre che si succedono numerose durante l’anno a cura di Piero Delbello e con il supporto del presidente Franco Degrassi, raccontando un esodo per immagini, attraverso i suoi personaggi, a volte famosi, a volte sconosciuti…
“Viene sempre tanta gente, chiede informazioni, racconta la propria storia, queste sale diventano un contenitore di tante vicende mai emerse, di tante storie familiari mai portate alla luce. Molti arrivano con fotografie, locandine, documenti per il museo. Per noi volontari è una responsabilità, ma anche un profondo desiderio di condivisione. Vede, questo documento alle mie spalle nell’ambito della mostra ‘Come ravamo’ è quello della mia famiglia, è lo storico dell’anagrafe dal quale hanno cancellato Marinella…”.
Chi è Marinella? È una delle storie emblematiche dell’esodo, quella di una bambina che non ce l’ha fatta, in quell’inverno polare del ’56. Aveva appena un anno e una polmonite se la portò via, “morta di freddo” sentenziarono i medici dell’ospedale che non furono in grado di salvarla.
“Ero già grandicella e Marinella me la portavo in braccio, le davo il biberon, la cambiavo, me ne occupavo per alleviare il lavoro di mia madre che doveva pensare a tutta la famiglia, al marito e ai cinque figli. I suoi occhi erano per me, con i sorrisi e i primi borbottii, una gioia infinita: non sono mai riuscita a dimenticarla, a farmene una ragione”.
Tumblr media
Per quanti anni siete vissuti in quella baracca?
“I miei genitori dodici anni, finché io e mio fratello non siamo riusciti a terminare le scuole nel collegio dove eravamo stati trasferiti per poter avere un’istruzione e migliori condizioni di vita”.
Vita?
“Quando la famiglia vive separata tutto è molto duro. Mio padre a Cuberton era un bravo contadino, da esule poté fare il manovale, la qualifica di profugo non era servita a nulla. Aveva sperato di entrare in fabbrica, ma nessuno ci aiutò. Ricordo che spesso diceva con convinzione, non sembrava neanche un lamento ma una semplice constatazione: ‘noi ne vol, proprio noi ne vol’ e così continuò per anni sentendosi fuori luogo, forse sconfitto. Quando ebbi diciannove anni, ci diedero una casa comunale, una sessantina di metri per la nostra famiglia numerosa, ma era comunque un miglioramento. Andai a lavorare alla Modiano”.
In che veste?
“Alle macchine per la stampa, ci ho lavorato fino alla pensione. All’inizio vista con sospetto, la nostra presenza di esuli a Trieste veniva ancora considerata un peso, ma noi istriani siamo lavoratori, disciplinati, vivaci, con il tempo mi sono conquistata le simpatie delle persone che hanno saputo apprezzare il mio impegno”.
E la famiglia?
“Mi sono sposata a 25 anni, per qualcuno era quasi tardi, per me anche troppo presto, vista la tragedia che avevamo vissuto in famiglia, non mi sentivo pronta”.
Non era solo per Marinella?
“Soprattutto per lei il cui sguardo non ho mai smesso di cercare, ma anche per tutto ciò che avevo visto al campo di Padriciano: la gente si lasciava morire, di disperazione, per mancanza di qualsiasi prospettiva, in quelle baracche dove non si poteva accendere un fuoco per scaldarsi. La mia casa era rimasta a Cuberton. Ci sono tornata per andare al cimitero. L’ho vista da lontano, diroccata, non ho avuto il coraggio di avvicinarmi”.
Nessuna assistenza psicologica in tutti questi anni?
“Nessuna. E ce ne sarebbe stato bisogno”.
Che cosa ha rappresentato il Giorno del ricordo?
“La possibilità di parlare, andando nelle scuole, fornendo testimonianza sui giornali, le televisioni. Gli italiani hanno iniziato a conoscere squarci della nostra vicenda. Ogni anno mi invitano a Cremona, in Umbria, nel Veneto, con le docenti è scattata un’amicizia importante. Dopo che Simone Cristicchi ha raccontato di Marinella nel suo spettacolo Magazzino 18, l’interesse è diventato maggiore, mi chiedono di raccontare. Lo faccio per i miei genitori, per restituire dignità a tanta gente, per rivivere il ricordo di Marinella, doloroso, ma necessario. I ragazzi delle scuole mi hanno omaggiato dei loro lavori di gruppo che custodisco gelosamente. È incredibile con quanta pietas abbiano saputo raccontare le nostre vicende, anche quelle più difficili. Mi fanno tante domande”.
E Padriciano?
“Ho accolto le scolaresche per tanti anni insieme a Romano Manzutto, finché l’associazionismo ha deciso di formare dei giovani perché raccontassero la nostra storia”.
In maniera più asettica?
“Certo hanno avuto modo di studiare, approfondire, possono rispondere a tante domande, non certo a quelle sull’esperienza diretta che rimane di chi l’ha vissuta veramente, ormai non siamo tantissimi, il tempo decide per noi”.
Dal campo di Padriciano molti partirono per gli altri continenti…
“Avevamo considerato anche questa ipotesi, ma cinque figli piccoli a carico erano una condizione che non favoriva il giudizio dell’emigrazione. Mio padre era una persona di grande cuore, certo avrebbe fatto fortuna, ma era convinto che nessuno avesse compreso che non eravamo venuti via se non perché fosse impossibile rimanere. Questa sensazione non lo abbandonava mai e forse gli toglieva la forza di tentare altre strade. Non ne abbiamo mai parlato successivamente. Ma mi accorsi del suo dolore quando giunti al cimitero di Cuberton, al momento di decidere di andare a mangiare qualcosa insieme, mi pregò di riportarlo velocemente oltre confine. La paura non li aveva ancora abbandonati e non l’avrebbe mai fatto fino alla fine”.
Di cosa avevano paura?
“Di restare e di tornare. In Istria tutto era cambiato e quindi non ritrovavano più la loro dimensione, c’era stata la dittatura che aveva spaventato tutti. In Italia avevano dovuto imparare a vivere il quotidiano, in Istria pagavano le tasse e basta, non erano abituati ad andare per uffici, fare domande, ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Quando Marinella morì nessuno venne a manifestare la propria solidarietà, non fecero che cancellare il suo nome dal nostro stato di famiglia”.
Quale spiegazione riesce a darsi oggi?
“Lo dico spesso e l’ho anche scritto: fummo accolti con fastidio e indifferenza, eravamo un corpo estraneo che tentava di inserirsi in un tessuto sociale che non voleva intrusioni”. Dire che la storia si ripete è anche troppo ovvio.
Intervista di Rosanna Turcinovich Giuricin a Fioretta Filippaz per La Voce del Popolo, 5 gennaio 2020
27 notes · View notes
nineteeneighty4 · 23 days
Text
Forse sono leggermente insofferente. Sarà il caldo , la tristezza tipica del post vacanza , l’anno difficile , la morte di mia madre , l’ansia per il rientro , lo sfratto alle porte , sarà la vita , l’universo , tutto quanto ma è come se la mia soglia di sopportazione fosse giunta al limite. Non lo faccio neanche apposta , è che certi discorsi -così come alcuni sguardi indagatori , bigotti , invadenti , insopportabilmente banali , scontati o costruiti - non li reggo. Poco fa ,infatti ,ne ho combinata un’altra delle mie insolite. La signora che ha acquistato casa un bel po’ di anni fa si è messa a parlare del marito - morto l’anno scorso a causa di un tumore - e di quanto e come le persone si comportino male certe volte senza rendersene conto. Poi , a mo’ di frecciatina implicita ,ha voluto sottolineare il fatto che non mi fossi fatta viva subito, post mortem di lui , per farle le condoglianze. Non l’ha dichiarato esplicitamente ma il senso era “ G ci teneva tantissimo a te. Non faceva altro che nominarti. Ogni estate mi faceva una testa così su quanto fossi dolce , delicata , colta. Ti ha invitato a casa un sacco di volte , ricordi? . Eh ma lui era come sappiamo,il bene sapeva dimostrarlo”. Lo scrivo qui perché sono stufa dell’apparenza. Ne ho fin su i capelli dei chiacchiericci di quartiere. Mentre la signora parlava elogiando il marito avrei voluto disintegrarle la memoria , rompere tutti i bei ricordi che aveva con e di lui , farle leggere i messaggi che io e mia madre commentammo con “Che schifo” perché non potevamo credere che un vecchio di sessant’anni ci stesse provando con una di trent’anni più giovane. Mi avrebbe rallegrato come non mai risponderle che il marito tanto gentile e tanto onesto pareva. E che il fatto di parlare costantemente di me o di invitarmi a casa quando lei non c’era per quei caffè allo schifo che teneva in corpo, erano cosa nota ormai ma ho sospirato come un’anima in pena,divagando con la mente su certe frasi a doppio senso , su delle battutine squallide che facevano ridere soltanto lui. E quell’ insistenza poi…Quel mettersi sull’ uscio di casa solo per farsi notare fino ad avere la faccia tosta di dirmi “Guarda che io sono capace anche con le ragazze ,eh. Sono sempre stato un bell’uomo “. Quella voglia matta e improvvisa di tirargli un pugno in faccia davanti a tutti quanti, moglie compresa e quella rabbia che conosco soltanto io. Quel nervosismo che mi sale dell’anima quando mi ammazzano la poesia toccandomi le cose , provando a sfiorarmi o a trascinarmi nella merda delle loro vite. Con questi pensieri in mente, ovvio che l’idea di partecipare al funerale non mi abbia proprio sfiorata. Certo che mi è sembrato giusto non aggiungere niente.
“ Mi aspettavo un messaggio , anche se poi ci siamo viste di persona e ti sei spiegata. Il tuo comportamento mi ha sorpresa ,tutto qui.” Ho anche provato a fingere, sforzandomi di trovare le giuste parole, tuttavia quel che sono riuscita a mettere su carta è stato questo:
Il nulla.
9 notes · View notes
sciatu · 3 months
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Sulla brezza marina che dalla spiaggia sale fino a questi monti dove la terra si spacca per la sete, su questo vento leggero che prende forza attraversando le chiome argentate degli antichi ulivi e le oscure fronde dei dolci gelsi, su questo sospiro d’amore infinito che il mare dona alla terra, su quest’amore si adagia l’anima mia e con questo amore s’invola, inseguendo ricordi e ballate, rivedendo le anime disperse tra gli antichi terrazzamenti, tornando alle case addossate sul monte come gregge che vuole difendersi dal caldo. Resto qui, ad osservare il tempo fermarsi, in quel vuoto che la felicità crea quando ti nasce dentro e tutto cancella, tutto giustifica definendolo provvisorio, sentendolo fragile ed eterno. Divento la fatica dei tanti che si vendica ed in poco trova tutto il necessario per essere, al di la delle vetrine scintillanti, dei paradisi mercenari. Scrivo solo per non dimenticarmi, per saziarmi domani ancora ed ancora rivivere la serenità di adesso.
On the sea breeze that rises from the beach to these mountains where the earth dry splits for its thirst, on this light wind that gains strength crossing the silvery foliage of the ancient olive trees and the dark fronds of the sweet mulberry trees, on this sigh of infinite love that the sea gives to the land, on this love my soul rests and with this love it takes flight, chasing memories and ballads, seeing again the souls dispersed among the ancient terraces, returning to the houses nestled against the mountain like a flock that wants to defend itself from the heat. I stay here, observing time stop, in that void that happiness creates when it is born inside you and erases everything, justifies everything by defining it as temporary, feeling it as fragile and eternal. I become the fatigue of many who takes revenge and quickly I find everything is necessary to be, beyond the glittering shop windows and the mercenary paradises. I write only for don't forget myself, to satiate myself again tomorrow and relive the serenity of now.
8 notes · View notes
jamonartzzz · 1 year
Text
The Joy of creation (Welcome Home - fanfic)
Tumblr media
Capítulo/chapter 9.
Incluso si Wally estuvo ahí para secar sus lágrimas y ser una fuente de consuelo en momentos de desesperación, puso en tela de juicio ciertas decisiones suyas. Y si mostraba cuánto resentimiento poseía, iba a perder el estoicismo. Su único aliado en esta situación para no perder la cordura. Ella pasó por un largo camino para construir su vida, no era tan tonta para rendirse y no luchar por volver a su normalidad.
Cuando (Y/N) volvió a su cuarto, volvió a sujetar la frágil flor que Wally le había regalado. ¿Un símbolo de respeto, para comprar su afecto o solo por otros motivos ocultos? Balancea desde el tallo, recordando el momento donde el pintor fue cuidadoso. Tal vez él la veía como una amiga, y ella no sabía en qué posición ponerlo; porque algo platónico sería difícil si Wally sigue anteponiendo lo demás antes que sus necesidades humanas. Sus pensamientos se limitan al oír unos golpes en su puerta. Seguido, un trozo de papel se desliza bajo este. (Y/N) se acerca curiosa a leerlo. Era una carta de Wally... Gran parte en mayúsculas, de color rojo y con alguna que otra carita feliz.
Querida (Y/N) Te espero esta noche en la sala. Casa y yo tenemos algo especial que mostrarte. Por favor, acepta. Te queremos mucho, atte: WALLY :) y CASA
Vaya giro de acontecimientos.
La carta del emisor no era la más pulcra o estética, pero se notaba el esfuerzo. Con un suspiro leve, fue a su cama de nuevo. Aún seguía cansada después de este día movido. Y si bien, tenía conflictos internos con su autoproclamado amigo, necesitaba respuestas. Y es por eso que aceptará. Lentamente, sus párpados se cierran ante la melodía de los grillos de afuera. Su cuerpo pedía a gritos otra siesta...
Esta escena fue familiar para ella. Era el mismo vecindario, oscuro y con la luna brillando apenas. Sin embargo, ya era suficiente para que sus ojos humanos perciban algo. Caminó similar a un venado atrapado en la carretera. La diferencia de esta ocasión, es el coraje corriendo por sus venas. Y es ahí, donde ve otra vez las pisadas de Barnabay. Grandes y monstruosas. A su lado, había un par de pisadas más pequeñas con un diseño de corazón pequeño en las suelas.
La humana suspiró, se centró en su respiración e intentó dominar sus voces, su miedo interior y todo aquello que le impedía desplazarse a aquel bosque oscuro. Cuando su corazón latía asustado y su mente tenía convicción en avanzar, movió sus pies hacia el bosque. Donde anteriormente había corrido. Y fue ahí, donde (Y/N) volvió a oír unos alaridos ásperos. La tierra bajo sus pies temblaron un poco, dando anuncio de la venida de aquel Barnabay falso y totalmente adulterado por Wally.
El perro azul se veía muy aterrador. De vuelta, no podía distinguir si estaba decapitado o su cabeza entera estaba de un color negro, pero eso no importaba ahora. No cuando él vino corriendo con sus cuatro patas. Es ahí que (Y/N) sintió sus ojos picar, amenazando con llorar. No se permitió ese lujo, en cambio, alzó una mano y como reflejo empujó hacia un costado. Con fuerza. Justo cuando las garras del perro alzarse listas para matar.
No obstante, el impacto nunca llegó.
La pata del Barnabay adulterado estaba a unos centímetros de su rostro. Sorprendentemente, unas cuerdas trascendente y finos como un cristal agarraron a tiempo la pata del agresor.
La humana abrió uno de sus ojos y luego el otro. Sin entender qué acaba de ocurrir. Sus preguntas y respuestas nacen al mismo tiempo cuando ve que en la punta de sus dedos, nacían dichos hilos. Atados a la punta. Como la de un manejador, como un titiritero pero minimalista. Sale de su aturdimiento cuando nota que el perro lucha por zafarse, todo esfuerzo fue en vano pues esas cuerdas, tan frágiles como parecen, en realidad tenían un control de hierro.
"¿Qué es esto?" Extrañada intenta mover su mano, aunque eso solo alertó a Barnabay porque al instante cae como si fuese un cuerpo sin fuerza. Ella solo observa consternada.
Toc-Toc-Toc.
Abre sus ojos. Volviendo a su presente y alejándose del mundo de los sueños.
"La comida ya está lista, querida amiga. Te estaré esperando en el comedor. No tardes".
La voz de Wally se escucha detrás de la puerta. Extrañamente muy cantarín. Como si tuviera la mejor de las sorpresas. Finalmente, sus pasos se alejaron de la puerta cuando recibió la confirmación de la mujer.
"¿Qué demonios acabo de soñar?" Murmura abrumada de poder. La humana juró sentirse distinta cuando entró a este mundo, ahora se sentía el doble. Bajó su mirada a sus manos. Sin saber si era producto de demencia cuando sintió un extraño calor nacer de sus dedos.
¿Tal vez es por la falta de alimentación? Será eso, porque quiere creer que solo alucina.
(Y/N) arregla su apariencia antes de bajar, sin atreverse a mirarse en el espejo. Hizo lo posible para oler bien y estar presentable con la ropa nueva que Wally había conseguido hace poco. Justo a su gusto y medida. Este, conparado al anterior, era un poco más formal. Se preguntó seriamente por qué estaba siguiendo el juego de todo esto. Oh, ya recuerda, por las respuestas...
Ya lista, fue al comedor. En donde presencia al peli-azul sentado con una buena postura. Sus ojos oscuros y profundos, no se apartaron de la decoración de la mesa y la comida puesta en él. Como si fuese recién salido del horno. La humana dio créditos extra al elegante ente por portar una ropa de ocasión formal. Este era rojo. Una corbata azul rompió el esquema pero solo recordó uno de los colores más utilizados por el anfitrión.
Tumblr media
Por un momento, se sintió un poco fuera de lugar al no estar tan elegante como él.
"¿Wally?" Cuestionó sin entender qué sucedía. "¿Qué es todo esto?"
"¡Sorpresa!" El mismo hizo un elegante gesto con las manos. Casa aportó con el momento haciendo algunos juegos de luces en el comedor. "Queríamos hacerte una cena especial, vecina. Hemos notado tu desánimo y terminé planeando esta noche entre amigos, con Casa".
Cuando (Y/N) dudaba de las intenciones de Wally, él siempre tenía algo para hacerle creer lo contrario.
"Vaya, no se hubieran molesta--"
"Ja, Ja, Ja, no digas eso, vecina. Ven, siéntate aquí". Él interrumpe riendo abruptamente. Atrae una silla hacia su ser para que la humana se siente. Ella no tuvo de otra que corresponder, y como un caballero, el artista empuja la silla cerca de la mesa.
La humana no podía creer lo que sus ojos veían. ¿Era eso espaguetis?... ¿Y una tarta dulce para el postre? Por un momento, su boca se abrió de la sorpresa. Víctima del hambre.
"No hay una manera más divertida en pasar con amigos como esta. ¿Te gusta? Hice con mucho amor la comida". Sus ojos estaban bien abiertos, en ningún momento rompió el contacto visual. En todo caso, su sonrisa creció cuando la mujer asiente con la cabeza, perpleja.
"Está bien, Wally- agradezco que hayas hecho todo esto para mí-"
"Casa también ayudó". Murmuró tranquilo, con un tono manso.
"-También agradezco a casa por ser detallista. Pero tengo curiosidad, ¿todo esto es por lo de esta mañana?" Consultó con sospecha, sin apartar la mirada de Wally.
Sus ojos permanecen firmes en él, quien tenía las manos en la mesa y los dedos entrelazados. En ningún momento respondió a su pregunta, en todo caso, únicamente la miró silencioso.
"Está bien, ¿no quieres comer ya? Es hora de tu cena". Exclamó tranquilamente, alzando su sonrisa. Como si una pregunta sería no se ha puesto en la mesa anteriormente. Era muy bueno para fingir que nada malo o serio pasó.
"Bueno, vas a ignorar mi pregunta, entiendo". Resopló, sin darle más caso al asunto. En todo caso, se resigna con el trato atento que le daba. Como si estuviese hablando con una niña... Ella solo cerró sus labios para no echar a perder el ambiente.
También notó que Wally había puesto la flor que ella le regaló en su bolsillo de pecho. Bueno, encontró tierno esta decisión.
Ambos se sirvieron de una porción justa. La humana tardó más en terminar su plato, estaba tan ocupada disfrutando sin darse cuenta de Wally. Quien con unas miradas anchas y parpadeos ocasionales, devoró la comida de su plato. Cuando ella ya había terminado recientemente su platillo, alzó la vista. Notando el suspiro satisfecho del peli-azul. De vez en cuando, él narraba sus días con Julie, Frank y Barnabay -la humana solo conocía a los primeros dos por la serie, en cuanto al perro, deseó verlo de vuelta- con mucho entusiasmo.
El Sr. Darling, galante por naturaleza, daba sus risas tontas. Angelicales por fuera y peligrosas de fondo. (Y/N) halló cautivador sus intentos por hacerla reír. Parecía genuino... Incluso si horas atrás pasó lo contrario con el primer sueño que tuvo y con la escena en el bosque de esa mañana.
La humana encontraría atractivo aquello si no la tuviera tanto tiempo encerrada... Y si fuera más abierto con ella en cuanto a la historia detrás de este mundo.
"Julie y tú se llevarán muy bien, estoy ansioso de verlas juntas algún día".
(Y/N) no podía opinar tanto. Las marionetas de este mundo pueden ser más susceptibles a la presencia de un ser humano.
"Eso espero..." Murmuró, disfrutando de su tarta dulce de a poco. "Caso contrario, siempre te tengo a ti, ¿verdad?" La humana podría arrepentirse de decir aquello más tarde, era consciente del peso de sus palabras; era como un voto de fidelidad camuflada a los ojos de alguien tan sanguíneo/emotivo como Wally. Y como era de esperarse, el pintor suelta una risa casi robótica.
"Por supuesto, querida. Para eso están los amigos". Exclamó sin perder el tiempo. Él mismo entregó su corazón en aquella sentencia. Sea de muerte o de vida. En ningún momento, los ojos del dúo se alejó de la competencia de miradas.
Era irónico, Wally parecía ser el tipo de hombre que preguntaría caballeroso si puede besar tu palma; paralelo a su otra versión, que puede dominar todo su alrededor como si se tratase de un líder de culto. Mantener la cercanía y paz en el vecindario siempre fue sospechoso a los ojos de la humana, después de todo...
El que es amigo de todos, no es amigo de nadie, en realidad.
"¿Estás seguro?" Preguntó extrañamente tranquila. Queriendo explorar los horizontes.
Ante esto, Wally se levanta de su asiento para dirigirse hacia ella. En todo momento, observó los orbes de la humana. Con una intención oculta en su accionar.
"Con todo mi corazón". Extendió su mano, sin borrar aquella sonrisa. Era una invitación de baile, una correspondida por la humana. ¿Su motivación? La curiosidad mató al gato.
Es así, que el Sr. Darling le enseñó dónde deben ir las manos. No fue complicado para ella aprender, de hecho, agarró rápido la teoría. Aunque la praxis era otro asunto...
Wally se encargó de explicar todo, antes de que la verdadera magia comience. En todo momento, Casa jugaba con las luces. Mientras un hilo de la luz de la luna se cuela en la pista de baile improvisada.
Ella aún recuerda su pesadilla...
Y aquí estaba, aprendiendo a bailar con él.
Aún recuerda su agarre de hierro...
Y aquí estaba, siendo sostenida con cuidado.
Y por último, aún recuerda la mirada esotérica de Wally, vigilando sus movimientos en todo momento...
Y aquí estaba, perdiéndose en sus ojos anochecer.
__Fin del capítulo.
¡Espera a leer el siguiente! Prometo continuar la escena.
Recuerden que YN está a vuestra imaginación. Así sean los pronombres, la ropa, etc.
Ahora me gustaría agradecer a todos los lectores que apoyan mi historia. Así hablen en español, inglés, portugués, ruso, coreano, etc. Siempre son bienvenidos a mi perfil. Todos ustedes son importantes.
102 notes · View notes
astra-zioni · 3 months
Text
Sono andata a scuola con Pamela Mastropietro, la ragazza romana uccisa e smembrata nel 2018.
Mentre scrivo cerco di rendere quello che sento e che ho sentito all’epoca il meno autoreferenziale possibile, eppure mi accorgo che non riesco, ché mi viene da scriverne perché poco fa ho visto un video con la sua faccia dove veniva ripercorsa la vicenda, apprendendo ulteriori scenari, e non riesco perché ogni volta che mi torna in mente lei mi ricordo la sensazione corporea quando ho appreso della sua morta, scorrendo il cellulare, ed ho capito che una ragazza che vedevo fino a dieci giorni prima in classe era stata fatta a pezzi e messa in una valigia. Lo so, è ancora autoreferenziale, ed è il motivo per cui non parlo di questa storia mai - non è la mia, non ne ho il diritto -, anche se mi lacera ancora oggi, ed è forse il motivo per cui non ho mai toccato droghe pesanti in quel periodo orribile.
Io vorrei descrivere Pamela, darne un ritratto fedele, autentico, descrivere il suo accento romano, la sua camminata, il suo atteggiamento duro e spaccone - tranne quando si rivolgeva a me, ché ero fragile all’epoca e forse lei lo aveva capito. Vorrei parlare del rapporto che aveva con la mia professoressa di filosofia, di quanto fosse in gamba, di come parlasse bene, ma non riesco, perché io non sono stata niente per lei, io ero solo una spettatrice, e non posso neanche avere il diritto di sentirmi così dilaniata.
Succede che poco fa apprendo che, prima della sua morte, ben due autisti di taxi hanno consumato un rapporto con lei in cambio di un passaggio per Roma - era appena scappata da una comunità per tossicodipendenti. Solo successivamente ha incontrato lo spacciatore che poi l’ha uccisa, dopo avere abusato di lei. Quando leggo questo io non riesco più neanche a parlare di Pamela, non riesco a dare un ritratto non autoreferenziale della mia angoscia perché mi sale la rabbia cieca e frustrata e senza speranza nel pensare che in quei due giorni ogni figura maschile e adulta incontrata non le abbia teso una mano, non abbia chiamato le autorità, non abbia infierito su quel corpo e quella psiche a pezzi. Aveva 17 anni.
Come si può tollerare una violenza sistemica così atroce? Come si possono tollerare la negligenza e la noncuranza verso una vita così indifesa e fragile? Come non può estendersi, questo fatto, a macchia d’olio, e non farmi salire una rabbia atroce e disperata nei confronti della violenza, della violenza sui deboli - della violenza sulle donne, sempre loro.
Io non lo so come si fa a non mettere la propria sofferenza in mezzo, scusa Pame’, ma ogni tanto m’incazzo; avrei tanto voluto che qualcuno ci fosse stato per te.
18 notes · View notes
colonna-durruti · 1 year
Text
CHI È VERAMENTE FLAVIO BRIATORE?
L’Espresso se lo chiese in questo articolo del 2010 a firma Mauro Munafò. Briatore ha sempre negato tale ricostruzione, mentre gli autori del libro “Il signor Billionaire" hanno sempre confermato. Ognuno legga bene l’articolo, non poco inquietante, e faccia (civilmente) le sue valutazioni.
“Le vittorie in Formula 1, il matrimonio con la Gregoraci e i flirt con le top model, lo yatch da sogno e il Billionaire, la discoteca dei ricchi in Sardegna. Quando si parla di Flavio Briatore, sono queste le parole d'ordine della cronaca nazionale, gossippara e non. Eppure nel passato del manager di Cuneo ci sono zone d'ombra che stonano con la vita super-pubblica che conduce adesso.
Sono gli anni '70 e '80, passati tra Cuneo e Milano, in cui un giovane assicuratore inizia a costruire quello che poi sarà Mr Billionaire. E nella sua cerchia non mancano i personaggi discutibili, il gioco d'azzardo, le truffe, la latitanza all'estero e le morti sospette. Una scalata al successo partita dal basso e dalla provincia che non si legge però nella biografia ufficiale di Briatore, che a quegli anni dedica qualche riga generica e poco convincente.
A scavare nella vita del manager ci hanno pensato Andrea Sceresini, Maria Elena Scandaliato e Nicola Palma, tre giovani giornalisti autori di "Il signor Billionaire; ascesa, segreti, misteri e coincidenze", appena pubblicato da Aliberti Editore. I tre sono partiti da una serie di articoli di Gianni Barbacetto del '99 per approfondire i misteri del passato di Briatore. Un lavoro fatto alla vecchia maniera, cercando tutti i vecchi soci, i vecchi amici, le fidanzate e i conoscenti del rampante Flavio. E trovandosi spesso davanti un muro di omertà e di consigli a lasciar perdere questa storia, di non chiedere oltre perché ci sono verità "che fanno morti e feriti".
La storia di Briatore sembra il sogno americano, coniugato però alla realtà italiana. Figlio di maestri elementari, si diploma geometra, fa l'assicuratore e apre un ristorante (il Tribula) che chiuderà dopo poco per debiti. Ma la svolta arriva nei primi anni '70, quando lavora con Attilio Dutto, un costruttore locale che rileva la Paramatti Vernici. Nel frattempo Briatore si occupa per alcuni casinò (gestiti dalla malavita) di portare clienti ai tavoli, intascandosi una parte delle loro perdite. Al giro lo introduce Ilario Legnaro che con il boss catanese Gaetano Corallo (vicino al clan Santapaola) si occupa proprio di questo. Tra i clienti portati ai casinò da Briatore c'è proprio Dutto che perderà parecchie decine di milioni nelle sale di Nizza e della Costa Azzurra.
Nel 1979 Attilio Dutto salta in aria con la sua auto: un delitto che non ha mai trovato un responsabile. Dalle testimonianze raccolte nel libro si configura però la mano della mafia. Pare inoltre che lo stesso Dutto volesse "rovinare" Briatore per le truffe che gli aveva giocato. Di sicuro con Dutto scompare anche un capitale stimato in almeno 30 miliardi di lire, che non si sa dove vanno a finire.
Con la fine degli anni '70 e la morte di Dutto, Briatore si trasferisce nella nascente 'Milano da bere', dove conosce la sua prima moglie (fino a oggi tenuta quasi nascosta) e frequenta la gente che conta del capoluogo meneghino, non ultimo Bettino Craxi. Organizza feste e si mette in affari con il conte Achille Caproni, della cui moglie è nel frattempo amante. Con l'amico Emilio Fede, secondo gli autori del libro, organizzerebbe truffe ai tavoli verdi, finché la polizia non lo scopre e lui deve fuggire a St.Thomas, nelle isole Vergini, con moglie al seguito.
Latitante e costretto a rimanere fuori dall'Italia fino all'amnistia del 1990, Briatore si consola nella sua vita da sogno alle isole Vergini e apre e gestisce una rete di negozi per Benetton, un locale notturno e una gelateria. Da lì ci saranno la Formula 1, i mondiali con Schumacher e...mister Billionaire. Il "self made man" di Verzuolo in provincia di Cuneo ormai ce l'ha fatta: è diventato qualcuno, è famoso nel mondo, ricco e invidiato.
"E' il personaggio simbolo di un'intera classe dirigente", spiega Andrea Sceresini, uno degli autori. "La sua immagine pubblica non risente affatto del suo passato. Molte di queste storie sono state scritte anche dai giornali negli anni '70 e '80 e basta una ricerca in archivio per tirarle fuori. I media però si limitano a riportare quello che dice lui e la sua versione della storia".
Una versione che da copione prevede poche righe di biografia ufficiale e qualche risposta evasiva a chi gli chiede conto del passato. Una storia tutta italiana”.
(da "L'Espresso" dell''8 novembre 2010: https://bit.ly/2EE1y0t)
28 notes · View notes
poesiablog60 · 9 months
Text
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Voglio venirti dentro,
dare un’occhiata,
respirarti come l’aria.
– Vattene – dice la pietra. –
Sono ermeticamente chiusa.
Anche fatte a pezzi
saremo chiuse ermeticamente.
Anche ridotte in polvere
non faremo entrare nessuno.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Vengo per pura curiosità.
La vita è la sua unica occasione.
Vorrei girare per il tuo palazzo,
e visitare poi anche la foglia e la goccia d’acqua.
Ho poco tempo per farlo.
La mia mortalità dovrebbe commuoverti.
– Sono di pietra – dice la pietra –
e devo restare seria per forza.
Vattene via.
Non ho i muscoli per ridere.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Dicono che in te ci sono grandi sale vuote,
mai viste, belle invano,
sorde, senza l’eco di alcun passo.
Ammetti che tu stessa ne sai poco.
– Sale grandi e vuote – dice la pietra –
ma in esse non c’è spazio.
Belle, può darsi, ma al di là del gusto
dei tuoi poveri sensi.
Puoi conoscermi, però mai fino in fondo.
Con tutta la superficie mi rivolgo a te,
ma tutto il mio interno è girato altrove.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Non cerco in te un rifugio per l’eternità.
Non sono infelice.
Non sono senza casa.
Il mio mondo è degno di ritorno.
Entrerò e uscirò a mani vuote.
E come prova d’esserci davvero stata
porterò solo parole,
a cui nessuno presterà fede.
– Non entrerai – dice la pietra. –
Ti manca il senso del partecipare.
Nessun senso ti sostituirà quello del partecipare.
Anche una vista affilata fino all’onniveggenza
a nulla ti servirà senza il senso del partecipare.
Non entrerai, non hai che un senso di quel senso,
appena un germe, solo una parvenza.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Non posso attendere duemila secoli
per entrare sotto il tuo tetto.
– Se non mi credi – dice la pietra –
rivolgiti alla foglia, dirà la stessa cosa.
Chiedi a una goccia d’acqua, dirà come la foglia.
Chiedi infine a un capello della tua testa.
Scoppio dal ridere, d’una immensa risata
che non so far scoppiare.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
– Non ho porta – dice la pietra
Wisława Szymborska
Tumblr media
9 notes · View notes
umi-no-onnanoko · 11 months
Text
Basta poco per essere felici o almeno per non essere tristi credo.
Ieri ho passato una delle mie giornate malinconiche, trascorsa tra fissare il soffitto di legno della mia camera da letto, lettura, un bagno caldo programmi tv e so anche queste giornate occorrono.
Tuttavia, mentre lasciavo vagare il mio pensiero ed il mio sguardo si posava sulla pioggia battente che dalla finestra intravedevo all'esterno mi sono detta che avrei potuto provare se non ad essere felice, quanto meno a fare qualcosa per non essere triste e al contempo migliorare me stessa e me soltanto.
Mi sono fatta una scaletta e ho deciso che da oggi avrei cercato di combinare sia ciò che devo fare, come la stesura del capitolo della tesi, le faccende domestiche ecc., con ciò che mi piace e fa stare bene, come il disegno, tenere un diario, leggere ecc.
Così riesco a fare sia ciò che è tra i miei obiettivi, sia ciò che mi piace e che generalmente lascio indietro; in più ho deciso anche di incrementare gli esercizi che faccio di solito per mantenere un minimo di muscolatura e di impegnarmi ancora di più nell'alimentazione sana, riducendo troppo sale, troppo zucchero o troppe bibite gassate ecc., ma senza privarmi di nulla e sperimentando nuove ricette.
Posso dire che fino ad ora sono serena e soddisfatta, forse non arriverò a essere felice solo così facendo, ma posso arrivare a non essere triste.
-umi-no-onnanoko (@umi-no-onnanoko )
19 notes · View notes
multiverseofseries · 2 months
Text
The Maze Runner - Il Labirinto (2014)
Tumblr media
E’ arrivata su Netflix una saga letteraria young adult di successo, con elementi che rimandano in maniera più o meno diretta al mondo delle serie TV e dei videogame.
Quando Thomas si sveglia all'interno dell'ascensore che lo porta in superficie verso la Radura non ricorda ancora il suo nome, non sa chi è, dove si trova e perché è lì. Nulla del proprio passato, come tutti gli altri ragazzi che trova ad aspettarlo: la comunità vive senza memoria e secondo le proprie regole in questa valle selvaggia, circondata dalla mura di un misterioso labirinto le cui porte si aprono di giorno e si chiudono di notte.
Nessuno è mai riuscito ad attraversarlo, e nessuno è mai riuscito a vedere i misteriosi Dolenti che lo popolano e a restare vivo. Thomas è l'unico che sembra voler provare a capire, frammenti di ricordi affiorano durante i sogni, una sigla, una voce… "WCKD è buono". Ma le domande non sembrano avere una risposta, fino a che un giorno dall'ascensore sale una ragazza, Teresa: anche lei non ricorda nulla, tranne il nome di Thomas.
Lost in the maze
Tumblr media
Maze Runner - Il labirinto: una scena tratta dal film fantascientifico
nel suo anno di uscita, IL 2014, c’era da parte dei produttori una ricerca compulsiva di un nuovo franchise rivolto al pubblico young adult, ma poco importava quale sia la derivazione del genere, da quello sci-fiction al soprannaturale o urban fantasy, quello che contava era creare il fenomeno trovando la storia giusta che riuscisse a diventare un successo cinematografico oltre che letterario.
Presentato come il nuovo Hunger Games (come del resto era stato per Divergent) Maze Runner - Il labirinto, dai romanzi di James Dashner (ovviamente una trilogia, più un prequel), si differenzia dagli altri sci fiction distopici essenzialmente per tre ragioni: un inconsueto approccio sostanzialmente più dark e meno patinato, la mancanza della descrizione, di solito posta come assunto iniziale, del nuovo ordine sociale distopico che ha portato allo svolgersi degli eventi, e soprattutto (almeno per questo film) si fa a meno dell'imprescindibile componente romantica.
Tumblr media
Maze Runner - Il labirinto: una suggestiva scena del film
Già di per se questi tre fattori sarebbero sufficienti a conferire una certa dignità al film dell'esordiente Wes Ball, che nonostante vari difetti ha avuto il pregio di riuscire bene o male a mantenere desta l'attenzione dello spettatore fino alla fine, ma soprattutto di suscitare la curiosità di vedere come prosegue la storia. Se non fosse però per la durata eccessiva, potremmo trovarci davanti al perfetto pilot di un serial tv, sul cui impianto il film è costruito: in puro stile Lost, che ne costituisce il riferimento seriale più evidente, è scritto in maniera intelligente, dissemina enigmi e rimanda qualsiasi tipo di spiegazione: perché i protagonisti sono lì e chi ce li ha messi? Perché fanno quello che fanno? Bisogna arrivare alla fine del labirinto per avere le risposte, ma sono comunque parziali e (volutamente) insoddisfacenti, perché aprono le porte a nuovi scenari e nuovi quesiti che verranno chiariti nella prossima puntata.
Al livello successivo
Tumblr media
Maze Runner - Il labirinto: una delle prime foto ufficiali del film post apocalittico
Nobili echi letterari che rimandano a Il Signore delle Mosche, la comunità di ragazzi isolata in un contesto selvaggio, la società adulta fatta di gerarchie e regole a volte brutali, il tentativo di ritrovare l'identità perduta e di far fronte alla paura che spinge a sentire la propria prigione come l'unico luogo sicuro: temi da sociologia di gruppo reinterpretati in chiave young adult, riproposti dunque in ottica da serial tv (dai quali infatti provengono i due interpreti Dylan O'Brien e Kaya Scodelario) e non ultimo contaminati da una forte estetica da videogame.
Non a caso, insieme alle serie televisive, l'altra forma di intrattenimento che è più tributaria nei confronti del cinema è proprio quella dei videogiochi, sia a livello creativo che di produzione. Al di là delle scene di inseguimento nel labirinto, con salti e scivolate, le porte che si chiudono e i mostri che inseguono in perfetto stile runner game, anche in questo caso ritroviamo soprattutto la filosofia multilivello: si è spinti ad andare avanti e a finire lo schema per sbloccare quello successivo, cambiare scenario e vedere quali sorprese riserva. La fine non è la fine, ma è un nuovo inizio, e in questo senso il film non potrebbe essere più esplicito: "La fase uno è finita, ora comincia la fase due".
Tumblr media
Maze Runner - Il labirinto: una scena corale del film
Conclusione
Non è alla fine risultato essere il nuovo Hunger Games, ma è un passo avanti rispetto a Divergent. Strutturato come il pilota di una serie tv induce alla serialità, contaminandola con l'estetica e la filosofia del videogame: magari non così riuscito ed avvincente da rigiocarlo da capo, ma tutto sommato la voglia di vedere cosa c'è al livello successivo rimane.
2 notes · View notes
lamargi · 10 months
Text
Tumblr media
A che età una donna non dovrebbe avere più voglie o non ha più diritto ad avere un giovane maschio nel suo letto la notte?
Io mi sento ancora calda e capace di sedurre. Voglio sedurre.
Specialmente se mi trovo, di notte, nel bar di un grande albergo di lusso e a servirmi, il ragazzo del bar, poco più che ventenne, belloccio, scopabilissimo, anche se forse pensa che potrei essere sua nonna. E come diventa rosso quando gli chiedo un altro drink e quando gli sorrido incrociando il suo sguardo che mi ha appena sbirciato il seno. È un ragazzo educato, bello ma forse un po’ timido con le ragazze. Un ragazzo che guarda per un istante, ma poi distoglie gli occhi impacciato, quando tiro su la gonna per fargli vedere il bordo della calza autoreggente.
Un ragazzo troppo per bene, per riuscire a capire quanta malizia nascondo quando fingo di aver bevuto troppo e gli chiedo se può accompagnarmi fino alla mi camera.
Il bar ha chiuso. Sale con me in ascensore cercando di non farsi notare che mi osserva. Davanti la porta della mia camera sta per dirmi “Buonanotte signora”.
Non fa in tempo a finire la frase. Gli afferro la cravatta e lo tiro dentro in camera con me. La porta si è appena chiusa dietro di noi che già lo spingo spalle al muro e gli metto la lingua in bocca. Mi diverte sempre la sorpresa di un ragazzo che subisce un assalto sessuale. Gli stringo il pacco con una mano, è già duro.
“Signora”, balbetta, ma gli sto già togliendo la camicia, dopo la giacca da barman, e resta a petto nudo. Glielo graffio con le unghie, poi le dita proseguono fino alla cintura, la sfilo e poi i pantaloni…
“Devo toglierti io anche gli slip?” Gli sussurro provocante continuando a carezzargli con la mano il pene sempre più duro…
“Signora” dice per la terza volta, ultimo tentativo di arginare la mia prepotenza. Ma è tardi, è già nudo, ho già tirato sul il vestito e l’ho guidato tra le mie cosce. Lo stringo tra le gambe, incrociandole sulla schiena e bloccandolo dentro di me.
“Se ti comporti bene questa notte ti darò una gran mancia…..- gli sussurro stringendolo ancora più forte - ma sappi che soffro di insonnia …..”
15 notes · View notes
gcorvetti · 6 months
Text
Torno a parlare di Musica.
Lo so che l'idea era quella di aprire un blog parallelo dove parlavo solo di musica, ma è ancora la e non so se la attuo perché alla fine posso mettere un bel tag e chi vuole si legge i post musicali. Comunque, oggi vedo un video di Silvestrin dove nella foto iniziale c'è Bruce Dickinson (per chi non lo sapesse è il cantante degli Iron Maiden), allora che fa non lo guardo? Nel video Enrico loda, in questo caso, il frontman dicendo che la sua proposta su come tirare su la musica è decisamente la migliore fin'ora. Avevo parlato tempo fa del video sempre di Silvestrin dedicato all'idea di Kanye West, riassumo : lui dice che come nel cinema quando esce un disco per il primo mese lo si trova in vendita e passato quel periodo pure in streaming. Mentre Bruce (la faccio breve, per chi è curioso si può guardare il video che metto sotto) dice che i fan, cioè quelli che tengono alla musica devono avere più spazio, come per esempio quello davanti al palco che ormai è destinato a VIP e influencer solo per far vedere che erano all'evento, perché un fan che compra il disco e poi viene al concerto non ha tutti quei soldi per poter stare in prima fila; per gli altri, cioè gli ascoltatori della domenica, quelli che non gli frega un cavolo della musica e per loro è solo un sottofondo, quelli possono andare a fanQ. Più o meno il discorso è questo, cioè ridare la musica a chi la ama veramente e non a chi si ascolta brani random e non sa neanche chi e cosa sta ascoltando. L'idea non è male di per se, forse non tutti hanno voglia di svilupparla, cioè i due artisti hanno proposto qualcosa che forse alle case discografiche non interessa, oppure a quelli che organizzano i concerti non conviene, anche se lo spazio davanti al palco è grande se ci metti tavolini e bar perdi spazio prezioso dove poter mettere centinaia di persone che anche se pagano 50€ di biglietto sono centinaia, beh questo dipende da come si calcolano i costi, se fai l'area VIP e ci guadagni di più è ovvio che non si potrà mai fare. Ma la cosa che noto è che finalmente qualcuno che sta ai piani alti si sta facendo sentire, se fino a poco fa nessun artista si era fatto avanti adesso si vede che c'è in qualche modo l'intenzione di cambiare le cose dall'alto, questo anche perché attraverso lo streaming (spotify è solo uno dei tanti) nessun artista guadagna, forse le case discografiche ma forse poco, questo è un campanello d'allarme che suona sempre nei momenti di crisi o quando il conto in banca non sale ma scende e basta.
Nel sottobosco le cose vanno diversamente, se ti va bene vendi qualche cd, qualche copia digitale su bandcamp, ma l'incasso lo fai andando sul palco e questo non cambierà mai, ci saranno sempre concerti e ci saranno sempre band che suonano, non importa se si guadagna tanto o poco, se si campa o meno, l'importante è comunicare le proprie idee attraverso la musica, come gli artisti di altre discipline fanno, anche se il periodo è turbolento per tutti.
Un nota personale, non ci sono più movimenti (musicali o culturali) e questo fa si che ci sia poco interesse da parte del pubblico perché ognuno fa per se e così si è da soli a cercare di emergere, coi movimenti si andava tutti in una direzione (tutti quelli che facevano parte del movimento).
A voi il video
youtube
5 notes · View notes
analogmartt · 2 years
Photo
Tumblr media Tumblr media
ei ha fatto benissimo, mi creda, oggi è una buona giornata per lei. Sono delle decisioni che costano, lo so, ma noi intellettuali, dico noi perché la considero tale, abbiamo il dovere di rimanere lucidi fino alla fine. Ci sono già troppe cose superflue al mondo, non è il caso di aggiungere altro disordine al disordine. In fondo perdere dei soldi fa parte del mestiere di produttore. I miei rallegramenti, non c'era altro da fare, e lui ha ciò che si merita, per essersi imbarcato con tanta leggerezza in un'avventura così poco seria. No, mi creda, non abbia né nostalgia né rimorsi, distruggere è meglio che creare quando non si creano le poche cose necessarie. E poi, c'è qualcosa di così chiaro e giusto al mondo che abbia il diritto di vivere? Un film sbagliato per lui non è che un fatto economico, ma per lei, al punto in cui è arrivato, poteva essere la fine. Meglio lasciar andare giù tutto e far spargere sale come facevano gli antichi per purificare i campi di battaglia. In fondo avremmo solo bisogno di un po' di igiene, di pulizia, di disinfettare. Siamo soffocati dalle parole, dalle immagini, dai suoni che non hanno ragione di vita, che vengono dal vuoto e vanno verso il vuoto. A un'artista, veramente degno di questo nome, non bisognerebbe chiedere che quest'atto di lealtà: educarsi al silenzio. Ricorda l'elogio di Mallarmé alla pagina bianca? e di Rimbaud? un poeta mio caro, non un regista cinematografico, lo sa di Rimbaud quando ha finito una poesia, la sua rinuncia a continuare a scrivere, la sua partenza per l'Africa? Se non si può avere il tutto, il nulla è la vera perfezione. Mi perdoni quest'eccesso di citazioni, ma noi critici facciamo quello che possiamo. La nostra vera missione è spazzare via le migliaia di aborti che ogni giorno, oscenamente, tentano di venire al mondo. E lei vorrebbe addirittura lasciare dietro di sé un intero film, come lo sciancato si lascia dietro la sua impronta deforme? Che mostruosa presunzione credere che gli altri si gioverebbero dello squallido catalogo dei suoi errori. E a lei che cosa importa cucire insieme i brandelli della sua vita, i suoi vaghi ricordi, o i volti delle persone che non ha saputo amare mai?
60 notes · View notes
unparadisoblu-22 · 1 year
Text
La tua vita sul palco.
È inspiegabile. È un insieme di emozioni che arrivano e mi attraversano forte senza chiedere il permesso. Vivere la preparazione e lo spettacolo per osmosi dà una carica enorme se chi sale sul palco è la persona che ami.
Tu perfetto, dal dettaglio allo scenario più gigantesco. Nessuna distrazione, tutti i valori impostati sullo zero e la massima concentrazione per mantenerli ghiacciati li. Io con l'adrenalina, massima felicità e ammirazione infinita verso di te.
Sei inspiegabile. Ogni luce, ogni suono, ogni rullo sulla batteria porta con sé occhi, orecchie e cuore dove gli pare fino a tornare su di te raggiungendo quel poco che di fisico in me era rimasto nella realtà. Ogni muscolo sprigiona potenza e carica da rilasciare sulla chitarra e ai piedi del palco. Impossibile non sentirlo, quando mi sfiori con le dita è come una potente scossa che fa vibrare anche me. Ti cambia la luce negli occhi e diventa quella del chitarrista. Cambi postura per sostenere la tua chitarra sulle spalle. I timpani diventano antenne di ricezione a cui non scappa nemmeno la più piccola frequenza. Ti trasformi nel più bel chitarrista di sempre, il più figo.
Le prove hanno una carica molto simile a quella sul palco, ma si ricerca più il dettaglio e il tempo giusto. Con la chitarra in mano ti muovi come se foste un'unica cosa e sorridi diventi bellissimo e tutto si fonde insieme ai suoni, agli odori. Anche la tua pelle cambia sapore, diventa più forte, carico di energia.
Ed io non posso stare lontano da tutto questo. Lo vivo forte. Tu me lo fai vivere forte, con tutta la serietà mista a divertimento. Ci sarà chi non ci crede, chi si domanda se quella magia c'è davvero o se è solo un'illusione dello spettatore, chi la sente e se la vive fino in fondo. La magia c'è e sei tu. ❤️✨
9 notes · View notes